Son tutte donne le rose del mondo, ci dice Serena Dandini compilando Il catalogo delle Donne Valorose (Mondadori). Una Serra di ritratti da Ilaria Alpi a Jeanne Moreau passando per Karen Blixen e Josephine Baker. Nell’ ondata di riscrittura dell’ esaltante banalizzazione femminile: la Dandini non poteva non partecipare, non poteva non appoggiare con protervia la sua faccia al poster collettivo e scattarsi un selfie. È la memoria individuale che diventa collegiale, viziata dalla tautologia.
Così per Angela Davis bisogna ricordare che a Francesco De Gregori non gliene fregava nulla, o per Miriam Makeba citare Roberto Saviano e la sua scrittura clientelare a base camorristica. Non riesce mai alla Dandini di stupire pur disponendo di una formazione di fascinosissime donne, perché a ripercorrere sinteticamente i passaggi biografici conosciutissimi serve una scrittura profonda capace di riscrivere e non di cadere nella compilazione.
Si rimane intrappolati nel sentimento socialista dandinesco mentre il velo di nebbia che pure l’ eroina deve avere che sia fard o colpa o errore svapora. A Monica Vitti dopo aver ricordato «la sua battaglia personale contro la malattia» e la battuta «mi fanno male i capelli» non resta che essere ridotta a una citazione di Angela Finocchiaro dal palco di Se non ora quando?, e oplà: «la ragazza con la pistola» diventa un turbamento d’insoddisfazione. E via così: per ogni donna un altare, per ogni altare una rosa e per ogni rosa una pagina di sbavature biografico-fitologiche.
*Da Il Messaggero