È morto a 86 anni il regista Ermanno Olmi. Si è spento la scorsa notte nell’ospedale di Asiago, dove era stato ricoverato d’urgenza venerdì sera, dopo aver combattuto per lungo tempo contro una grave malattia.
Olmi lascia la moglie Loredana e i figli Elisabetta, Fabio e Andrea. I funerali, come desiderava il regista in linea con una vita piena di affetti e amicizie ma riservata, si svolgeranno in forma strettamente privata.
L’ultimo lavoro di Olmi, uscito un anno fa, è stato un documentario dedicato al cardinale Carlo Maria Martini che era stato presentato in anteprima nel Duomo di Milano. Del 1965 il film sulla vita di papa Giovanni XXIII, E venne un uomo.
Dalle origini contadine all’«Albero degli zoccoli»
Olmi nasce a Bergamo il 24 luglio del 1931, in una famiglia contadina profondamente cattolica. Nel 1933 i suoi genitori si trasferiscono a Milano per il lavoro del padre ferroviere, che poi muore durante il Secondo conflitto mondiale. Trascorre l’infanzia tra il mondo operaio della periferia milanese e quello contadino, a Treviglio, nella campagna bergamasca.
Giovanissimo desidera studiare arte drammatica e per mantenersi trova lavoro alla Edison, dove già lavorava la madre. Qui deve organizzare le attività ricreative dei dipendenti e documentare le produzioni industriali per cui fonda la Sezione cinema della Edison Volta e realizza una trentina di documentari tecnico-industriali.
Nel 1959 gira il suo primo lungometraggio Il tempo si è fermato, delicato racconto del rapporto tra uno studente e il guardiano di una diga. Dopo aver fondato con alcuni amici, tra cui Tullio Kezich, la società di produzione “22 dicembre”, scrive e dirige Il posto (1961), che viene accolto molto bene dalla critica, in cui descrive le esperienze di due giovani alla ricerca del primo lavoro. Due anni dopo dirige I fidanzati in cui è costante la sua poetica attenta al mondo della gente semplice, della vita quotidiana, dei sentimenti spesso non espressi ma manifestati con le azioni.
Nel 1965 gira E venne un uomo, una sentita biografia, ben lontana dall’agiografia, di papa Giovanni XXIII cui si sente unito dalle comuni radici bergamasche. Tra il 1968 e il 1974 realizza opere non particolarmente riuscite (Un certo giorno, I recuperanti, Durante l’estate, La circostanza) ma è il 1978 a segnare l’anno della sua consacrazione con L’albero degli zoccoli, un film sulla vita dei contadini padani recitato da attori non professionisti e in dialetto bergamasco, che vince la Palma d’Oro al Festival di Cannes.