Ascoltavamo Junio Guariento, giovanissimi militanti del Fronte della Gioventù ed entusiasti interpreti di quella Destra che alla fine degli anni ‘70 sognava e lottava per tracciare una linea di confine tra il sistema plutocratico e la nostra Politica, autentica passione che ha segnato il carattere di intere generazioni.
Son volati gli anni, dopo esperienze di vita e di crescita umana, abbiamo colto l’occasione di Campo Hobbit 40, un’iniziativa che aveva il sapore della memoria ma che per tanti di Noi poteva rappresentare un momento di sintesi tra la visione mai declinata della rivoluzione culturale e la voglia di segnare il passo per un rinnovato movimento politico identitario, oltre le delusioni e le occasioni perse di un ventennio della Destra di governo.
Senza saperlo il viaggio verso Montesarchio dello scorso giugno ci ha portato ad incontrare e conoscere personalmente Junio, l’uomo, il militante, il cantastorie, il testimone di una cultura indomita di lotta e poesia, un generoso nella sua umanità.
Abbiamo trascorso una serata luminosa, sopra il Campo una luna piena cornice di forza accanto all’instancabile Junio ed ai tanti che hanno voluto partecipare con l’entusiasmo della fede sempre viva. Con tanti amici abbiamo ascoltato le parole del militante dai baffi ormai bianchi ma ancora vispi a cornice di uno sguardo pieno di vigore e di un sorriso solare ed ammaliante.
Ci ha colpito il suo racconto, l’esperienza di Junio dedicato ad organizzare le missioni in Croazia per aiutare le popolazioni sofferenti nel conflitto genocida con la Serbia. Narrò del suo incontro con le autorità militari croate per avere i lasciapassare che lo avrebbero portato con i suoi aiuti al fianco di genti martoriate dal conflitto; si illuminò ricordando il generale medico croato, un anziano ufficiale imponente e dagli occhi azzurri, probabilmente un reduce di altre guerre che hanno segnato la storia dell’Europa; quest’ uomo chiese a Junio i motivi della sua azione volontaria in campo di guerra ed egli spiegò che era un volontario per la libertà dei popoli europei, avrebbe aiutato i Croati perché aggrediti e trucidati dai Serbi, a parti inverse sarebbe stato dall’altro lato, a significare come la lotta sia e debba essere sempre quella a favore degli oppressi degli emarginati, al fianco di chi lotta per la libertà. L’anziano ufficiale si commosse e lo abbracciò, come un suo pari, e ancora con gli occhi lucidi lo accompagnò per i lasciapassare.
In questo racconto, che ancora ricordiamo, c è per noi Junio, il poeta, il guerriero, il generoso. L’ uomo, ritirato nella sua casa di montagna a generare bellezza trasformata in oggetti di legno, un militante con la chitarra accanto e con la celtica nel cuore.
Concordammo, in quella serata di luce, un concerto a Reggio Calabria, in riva a quel Mediterraneo che Junio desiderava conoscere, la data sarebbe stata quella del 7 gennaio a commemorare Acca Larenzia ed a rinvigorire la voglia di una cultura libera ed appassionata.
Il concerto non si è tenuto, Junio, suo malgrado, si stava preparando ad un altro viaggio, quello dell’assaggio, quello del mito e del sogno che non muore, dell’anello e della Compagnia che vola sospinta dai venti del Nord.
Vogliamo credere che, nell’esistenza di taluni, si manifesti la bellezza dei simboli e ci si incontra in segni tracciati dal Destino.
La mattina, prima di lasciare Montesarchio, improvvisammo un’intervista con Junio, ignari che proprio quella registrazione sarebbe stato il testimone che forse doveva consegnare, raccogliemmo le sue parole, pochi secondi che ci stupirono: “amo i ricordi ma vivo per costruirne sempre di nuovi”. Un sorriso, una stretta legionaria ed un arrivederci.
Noi faremo onore a questa testimonianza, con entusiasmo, senza infingimenti, senza cerimoniali stucchevoli, con la musica e la voglia di guardare avanti celebreremo Junio dedicandogli il sole dell’estate mediterranea, al tramonto che diviene crepuscolo per celebrare il domani che appartiene a noi.
Arrivederci Junio.