Anzitutto, lasciatemelo dire. E non lo dico volentieri. Ma l’onestà intellettuale va avanti a tutto.
Un sincero “Bravo!” a Matteo Salvini. Il personaggio, in fondo, mi è sempre stato umanamente simpatico: lo consideravo un bravo ragazzo che si era trovato leader per caso e senza preparazione a capo di un partito e che – secondo gli insegnamenti già impartiti alcuni lustri fa dal fondatore di esso – aveva deciso che “far politica è sempre meglio che lavorare”. Tuttavia molte cose che diceva (e che magari continua a dire: per quanto mi sembra che anche a quel proposito abbia, se non cambiato musica, quanto meno smorzato i toni), ad esempio sui migranti e sul papa – “Che se li porti lui in Vaticano!…” –, non mi piacevano e continuano a non piacermi. Per quanto io sia e continui ad essere un “cane sciolto” (mi piacerebbe tanto allinearmi: ma il mio partito cattolico, socialista ed europeista purtroppo non esiste), consideravo Matteo Salvini come un “avversario”: senza rancore e senza nulla di personale.
Ma ora che egli si sente (e potrebb’essere in effetti) a un passo dalla premiership, a parte la prova di responsabile correttezza che ha fornito mettendosi per così dire “al servizio degli eventi” e rinunziando al ruolo che potrebbe spettargli quanto meno all’interno della coalizione di centrodestra pur di dar presto un governo al paese, nelle ultime ore si è forse definitivamente (e non solo per quest’occasione, ma anche per chissà quanto tempo in futuro) giocato la carriera politica. Lo ha fatto nel nome di quel che gli sembra giusto (e tale sembra anche a me), per il bene del paese e del mondo intero.
Salvini ha denunziato con chiarezza e con forza l’infamia della prosecuzione dell’embargo alla Russia contro gli stessi interessi del nostro paese, giustificato solo dalla subordinazione cieca e vigliacca ai diktat di quella che resta formalmente ancora la prima superpotenza del mondo e al suo impresentabile leader. Egli, quasi solo (con un mezzo appoggio di Giorgia Meloni e un terzo circa di più fumoso sostegno da parte del Cavaliere dalla Maschera Chirurgica dell’Attore di Teatro Kabuki), ha dichiarato senza mezzi termini che l’attacco americo-anglo-francese del 14 aprile scorso ai presunti centri di produzione e/o stoccaggio di armi chimiche siriane è stata un’inqualificabile aggressione a uno stato sovrano membro dell’ONU e un’offesa al diritto internazionale: al contrario di Macron, il quale continua a nascondersi dietro una risoluzione delle Nazioni Unite che proibisce l’uso di quel tipo di armi, ma continua a “trascurare” (?!) che l’aggressione dei governativi siriani a Duma con il relativo uso di gas asfissianti è cosa tutt’altro che certa e che, al contrario, forte è il dubbio che si sia trattato di una provocatoria messinscena seguita da un raid che ha impedito alla commisssione dell’ONU a ciò preposta, la quale era sul punto di cominciare il suo lavoro, di appurare appunto quanto di vero ci fosse in quella faccenda.
A Salvini va un’esplicita lode da parte di tutte le persone libere e oneste, al di là di qualunque steccato politico. Mi duole di non poter dire lo stesso del povero Martina, il quale continua a recitare le sue giaculatorie sulla “fedeltà alle alleanze” (vale a dire sul perpetuarsi della sudditanza della politica italiana ed europea alla politica statunitense e al grottesco ma iniquo fantasma della NATO, che avrebbe dovuto dissolversi con la fine del “pericolo” sovietico” e che, nell’ultimo quarto di secolo, ha accumulato un’infamia dietro l’altra, compromettendoci agli occhi del mondo e trascinandoci nelle sue inqualificabili avventure (Balcani, Iraq, Afghanistan, poi ancora Iraq, quindi Libia, e poi Siria, infine falsa guerra contro il Daesh pretestuosamente e ridicolmente richiamata in causa perfino ieri da Macron per giustificare il raid del 14 aprile diretto proprio a colpire chi, invece, la guerra al Daesh in questi anni l’ha fatta davvero). Mi duole di non poter associare alla lode cui Salvini ha diritto anche l’amico Gentiloni, che continua a snocciolare a mezza voce – forse perché se ne vergogna: e ha ragione a vergognarsene – le sue accuse alla Siria e le sue dichiarazioni di impotentia regendi determinate dal fatto (vero) che lui è il capo di un governo “uscente” che può far solo amministrazione ordinaria (e senza dubbio la complicità in una guerra d’aggressione non lo è). Ma attenti, cari caporal furieri, perché fornire a un “potente alleato” aggressore basi aeree e assistenza logistica non è ordinaria amministrazione; è quel tipo di complicità per il quale dopo il 1945 si è coniato una definizione infamante: collaborazionismo. Il giorno che (quod Deus avertat) qualche missile russo piovesse su Sigonella o su qualche altra delle decine di basi USA e NATO che noialtri ospitiamo dal veneto alla Sardegna alla Toscana, cari furbetti del trattatino d’alleanza, non andate in giro a lamentarvi che voi non sapevate e non c’entravate; e ricordate che, secondo l’aureo detto popolare, “Ladro è chi ruba come chi regge il sacco”.
E’ necessario sottolineare con forza che questa sua scelta di onestà e di libertà sta costando a Salvini – e ve ne accorgerete… – ogni possibilità non solo di diventare premier adesso (per quanto non possa escludere un gesto di doppiezza da parte di chi potrebbe anche affidargli un primo incarico “esplorativo”, al quale elettoralmente parlando egli ha diritto, per assistere poi al suo fallimento e dichiararlo “democraticamente” fuori gioco), ma anche di esserlo nel futuro, a meno che le cose interne e internazionali non mutino in modo epocale. E’ evidente che i nostri padroni d’Oltreatlantico (e anche di qua) puntavano, prima del 4 marzo, a un governo Renzi-Berlusconi. Le urne li hanno sconfitti: a volte perfino le democrazie taroccate servono a qualcosa. Ora, è evidente che si sta puntando a dissolvere l’alleanza di centrodestra: e tutti ne daranno la colpa all’”imprudenza”, all’’”ingenuità” (se non all’”estremismo filorusso”) di Salvini. Ma anche il Berlusca e la Meloni stanno diventando sospetti di troppa tenerezza nei confronti del Cremlino: ed ecco pronto il PD di Martina (e anche quello di Renzi?), il partito che ospita fra l’altro un sacco di persone che, quanto a tenerezza nei confronti del Cremlino, ci sono stati negli anni scorsi illustri maestri. Ma a volte le lancette dell’orologio politico girano molto in fretta. I tempi cambiano, la memoria della gente è per fortuna molto corta e siamo in tanti a tenere famiglia. Di Maio si è già prodotto in riverenze e salamelecchi nei confronti degli americani: peraltro, sembra una sua specialità. Avanti quindi, con la benedizione dell’onnipotente ambasciata statunitense (lo sanno tutti che la vera Farnesina sta in Via Veneto…), verso un asse M5S-PD: e Renzi, che degli “ex grillini” non vuol sentir parlare, farà bene a reallinearsi. L’alibi potrebb’essere proprio questo, l’appoggio da necessariamente fornire alla nuova aggressione “occidentale” nel Vicino Oriente. Camuffato da ovvia, naturale e necessaria “fedeltà” alle alleanze. Tutti o quasi d’accordo, in un bell’arco dall’estrema destra all’estrema sinistra passando per Di Maio.