Terni conserva un ricco patrimonio architettonico che risale agli Anni Venti e Trenta del Novecento, quando architetti del calibro di Bazzani, Ridolfi e Guazzaroni celebravano la Città dell’Acciaio che, nell’arco di un paio di decenni, si era trasformata da piccolo centro a grande e laborioso capoluogo di provincia.
Tracce di un passato prossimo che riemergono prestando un po’ di attenzione durante una passeggiata per Corso Tacito, via Fratini ed altre arterie cittadine.
“Le Terre del nostro impero” si leggeva fino a qualche anno fa sul retro della Casa del Combattente, sede ancor oggi delle associazioni combattentistiche d’arma, mentre perfettamente visibile è “Anno 1936, XIV E.F.” sulla facciata di Palazzo Bazzani, sede della Prefettura. Un datario in bronzo incastonato nella pietra che è elemento ricorrente del paesaggio urbano locale, specie nei quartieri del centro. Infatti, ogni edificio costruito dopo il 1922 riporta la dicitura, “Era Fascista” che si calcola indicando gli anni trascorsi dal ‘22, quando nasce il Governo Mussolini, fino alla data in cui le fondamenta sono state gettate. La Prefettura conserva intatti numerosi dettagli che ne “raccontano” la storia: le grandi aquile che sorreggono stemma sabaudo e littori e, per gli occhi più esperti, l’alternanza cromatica di bianco candido e bianco “sporco” che evidenzia il frequente ricorso, nel tempo, a materiali meno costosi (cemento) per rinforzare ali della struttura.
A pochi passi dagli uffici governativi, in quella che gli anziani chiamano ancora Piazza delle Corporazioni (Piazza dell’Orologio, nda) svetta la Camera di Commercio, imponente e superba creazione razionalista fra le meglio conservate di Terni e, probabilmente, d’Italia. Gli interni sono pressoché inalterati: ampi saloni adornati di marmo e separati dai corridoi le cui porte in legno scuro sono decorate da massicce maniglie d’ottone. Durante la Seconda Guerra Mondiale sul tetto del palazzo era alloggiato l’impianto di allarme acustico che avvisava i cittadini dell’imminenza delle incursioni aeree anglo-americane, una vecchia sirena tutt’ora funzionante e che si fa sentire a “gran voce” a mezzogiorno… ma solo per avvertire l’imminenza della pausa pranzo!
Malgrado chiuso e senza un destino chiaro, di particolare interesse storico è anche l’INPS-INAIL di Corso Tacito, struttura massiccia di pietra alternata a cemento. E’ fra le più importanti opere dell’architetto Bazzani; destinata ad essere sede degli istituti previdenziali fascisti, sulla facciata è ancora visibile la raffigurazione di una coppia di lavoratori circondata dagli stemmi in rilievo delle arti e dei mestieri. Proprio accanto alla lavoratrice, ad esempio, incudine, martello e catena testimoniano in eterno la vocazione siderurgica del capoluogo umbro.
Volti di una città che non c’è più tutti, luoghi storici talvolta abbandonati, altre volte ancora in uso, altre volte ancora dal futuro incerto come la Fontana di Piazza Tacito, emblema delle difficoltà e della crisi che Terni sta attraversando da ormai oltre un decennio.
(dal Corriere dell’Umbria di sabato 7 aprile 2018)