L’audizione di Zuckerberg davanti ai politici federali è molto interessante, ma ora succederà qualcosa?
Il momento dell’audizione e della stretta di mano è arrivato: Mark Zuckerberg si è presentato volontariamente al Senato degli Stati Uniti (oggi sarà alla Camera) per rispondere alle domande dei legislatori federali – e per fare la scenetta necessaria a chiudere la fase speculativa sul titolo della sua azienda in borsa.
Tanti spunti, tante cose ci sarebbero da dire, a partire dal fatto che un terzo dei senatori che hanno interrogato Zuckerberg non avevano chiaro il funzionamento di facebook (buon per loro). Ma scegliamo per il momento due punti salienti, uno politico e uno istituzionale.
Punto politico: il quasi-candidato presidente Ted Cruz, repubblicano, texano, l’uomo che cuoce il bacon sulla canna di un fucile, ha inscenato un bel duello con il giovane megamiliardario. Il punto è molto semplice: quando chiudete/cancellate una pagina e/o un commento da facebook, non è una macchina o un algoritmo, ma una persona a farlo, dopo aver svolto determinate verifiche, giusto? Mark conferma che ha migliaia di dipendenti per questo incarico. Ottimo, ribatte Cruz, e quale orientamento politico hanno questi dipendenti? La domanda deriva dal fatto che Cruz ritiene che negli ultimi anni siano state chiuse e censurate moltissime pagine facebook vicine ai repubblicani e soprattutto alla alt-right statunitense, anche con centinaia di migliaia di follower. Insomma, Ted Cruz cerca la zampata politica per far capire che facebook e il suo proprietario hanno una visione politica e che quindi non sono uno strumento “neutrale”. Mark risponde democristianeggiando.
Punto istituzionale: il senatore repubblicano del South Carolina, Lindsay Graham, incalza Zuckerberg sulla regolamentazione di facebook. Come? Con un ragionamento lineare: in ogni mercato, la qualità delle merci è sottoposta a un vaglio della concorrenza, quindi se non mi piace la Ford, o se costa troppo per quel che vale, comprerò una Chevy. Allo stesso modo, se il senatore ritiene che un’azienda si stia comportando male, o illegalmente, dirà ai suoi elettori di non comprarne e di comprare invece un’altra marca.
Segue domanda da un miliardo di dollari: chi sono i concorrenti di facebook? Mark cerca di svicolare, ma viene inchiodato. Di fatto, facebook oggi non ha dei veri concorrenti sul mercato, specie dopo essersi comprata Instagram. Quindi, conclude il senatore, non crede che dovremmo inserire una regolamentazione federale per il suo social network? Mark, timidamente, concorda. Ci chiediamo se faranno la stessa domanda a Google…
Tanto altro ci sarebbe da dire e lo diremo; per il momento, l’impressione è quella di un’audizione intensa, lunghissima, nella quale talvolta Zuckerberg è stato anche messo in difficoltà, ma che a stretto giro porterà a ben poco. Se la Enron era too big to fail, figuriamoci facebook. L’indignazione stupefatta di molti è comprensibile, ma probabilmente passeggera; i danni alla privacy sono evidenti, ma insiti nella natura del combinato disposto di social network – smartphone – connessione internet onnipresente. È ancora presto insomma per i luddisti del terzo millennio. L’obiettivo comune dell’audizione sembrava essere piuttosto rassicurare investitori ed elettori: se le due parti in causa, internet e la politica, ci siano riusciti o meno, lo scopriremo presto: oggi Mark sarà a rispondere alle domande della Camera dei Rappresentanti e vedremo se il tono sarà simile o più netto. L’impressione per ora è che questo fosse un reciproco avvertimento. L’ultimo?