Un amore mai sbocciato e già prossimo al divorzio. Vittorio Sgarbi e Nello Musumeci, pronti all’addio. Dopo l’elezione alla Camera dei deputati, il critico d’arte più pop d’Italia è pronto a lasciare il governo della Regione Sicilia e la guida dell’assessorato ai Beni culturali. Un esito non solo prevedibile, ma ormai auspicato quanto l’ingresso delle truppe di liberazione. Troppe le uscite fuori le righe, fra queste i video in autoproduzione con lui seduto sulla tazza del gabinetto a imprecare contro Luigi Di Maio. Ma anche uscite imbarazzanti contro i magistrati no-mafia. Per non parlare poi delle assenze, quella della prima riunione di Giunta. Ossia, il giorno delle foto di rito. Bene: Sgarbi non c’era: “altri impegni”. Che brutto presagio.
In fondo, lo si sapeva già che entro pochi mesi Sgarbi avrebbe preso il treno per Roma. Musumeci lo ha imbarcato, in quota Forza Italia, sulla scorta di alcuni accordi elettorali figli dei sondaggi estivi che attribuivano al critico d’arte addirittura sei punti percentuali qualora candidato presidente fuori dalla coalizione di centrodestra. Un’ingresso a tempo e per certi aspetti poco rispettoso del popolo siciliano. Ora tutti i nodi sono ormai al pettine e la poltrona assessoriale è incompatibile con il seggio parlamentare. Cento giorni passati in fretta, senza nulla di significativo. Finisce così in soffitta l’idea ambiziosa di ricostruire il tempio di Selinunte. Se vorrà, potrà pensarci il prossimo assessore. Che a quanto risulta, però, dovrebbe essere un tecnico. Uno sobrio, cioè. Ma prima ancora Sgarbi dovrà rassegnare le dimissioni.