Almeno per una volta si guardi il bicchiere mezzo pieno. Se è possibile ovviamente. Perché è chiaro che i cori blasfemi di Macerata all’indirizzo delle vittime delle foibe valgono quanto un pugno nello stomaco della coscienza nazionale, un affronto al concetto di civiltà. Difficile che la botta sia riassorbita nel giro di 24 ore o poco più. Anche in questo caso, però, deve essere il buon senso a trionfare. E in parte già lo ha fatto. L’Italia non è sempre indifferente al becerume e neanche affetta da moti d’indignazione unidirezionali. Un conato contro gli ideatori di quei cori c’è stato, impossibile negarlo: guai farlo. Un moto che ha coinvolto anche gli esponenti di quella galassia politico-culturale afferente al centrosinistra e alla sinistra.
Il presidente dem del Friuli, Debora Serracchiani, ha parlato chiaro e ha condannato quei cori sconcertanti. Repubblica pure l’ha fatto. Anzi, il giornale fondato da Eugenio Scalfari ha addirittura dedicato un fondo che merita tutta l’attenzione possibile. “Quei cori sulle foibe offendono tutti noi”, è il titolo; la firma di Guido Crainz. Eccolo:
“Dobbiamo riflettere sulla nostra incapacità di raccogliere le sofferte riflessioni su quella tragedia che ci sono state proposte, prima ancora che dagli storici, da grandi libri di narrativa – ha scritto – Grazie alla giornata del Ricordo qualche passo in avanti è stato compiuto, dopo una lunga rimozione, ma è ancora larghissimamente insufficiente. E ancora troppo spesso e troppo largamente, a sinistra, le ferocie del fascismo nell’oppressione di sloveni e croati sono usate come clava per rimuovere o negare le uccisioni di cui le foibe sono il simbolo e le sofferenze degli esuli del dopoguerra. Eppure in quel confine tormentato c’è tutto il Novecento”.
Parole di pietra che servono a sfondare un muro che, se non è omertoso, perlomeno stuccato d’ignoranza e incomprensioni pilotate. Nelle foibe morirono italiani, spesso innocenti. Tra gli esuli, c’è chi ha votato di recente Pd. Non parliamo di fascisti, o solo di fascisti. Parliamo di una fetta abbondante di umanità, di pura e semplice umanità. È chiaro che una parte d’Italia ha ancora grosse difficoltà a riconoscerlo, in parte per vergogna (ma non è il tempo delle polemiche questo). Vedere in alcune città manifesti che invocano “l’infoibamento dei fasci” deve fare paura. Oltre il reato in sé, delegittimare l’altro fino alla condanna a morte, rischia di giustificare il terrorismo passato e presente. Ma anche aprire le porte – speriamo di no – a quello futuro.
Insomma, il moto d’indignazione suscitato da quei cori è un fatto positivo. È il segnale che qualcosa negli anni è stato seminato; come pure che il rischio di tornare indietro è sempre dietro l’angolo. Dopo anni di silenzi, anche dopo l’istituzionalizzazione della giornata del Ricordo, a cui i giornali hanno spesso concesso poco se non alcuno spazio alle manifestazioni ufficiali, il dibattito di quest’anno ha almeno diagnosticato una malattia nella coscienza di questa nazione. Si pensi ora alla terapia.