Il giorno del ricordo dei martiri delle Foibe è passato. Non è stata una grande giornata. Tutt’altro. Da Macerata a Modena, gli attacchi alla memoria di chi ha perduto tutto nelle boline carsiche sono stati spietati, barbari e, soprattutto, orientati politicamente. In momenti come questi si avverte il destino calante di una comunità sfilacciata, divisa in mille rivoli, che guarda le manifestazioni di se stessa in cagnesco.
A Modena, davanti alla sede del circolo de La Terra dei Padri, dei sedicenti buontemponi di estrema sinistra – parafrasando le musichette elettorali di “Meno male che Silvio c’è” – hanno esposto uno striscione inaccettabile: “Maresciallo siamo con te, meno male che Tito c’è”. La volontà di banalizzare le storie, i drammi, la tragedia di 300mila e passa connazionali costretti alle peggiori nefandezze dalla polizia titina, è ancora viva a settant’anni da quegli avvenimenti.
A Macerata, i manifestanti al corteo (sedicente) antirazzista, ha intonato sulle note di Raffaella Carrà, un vergognoso ritornello: “Quanto son belle le foibe da Trieste in giù”. Se, tempo fa, si diceva “pietà l’è morta”, oggi ci si può vestire a lutto anche per il buon gusto.
Ma queste sono soltanto due delle manifestazioni più eclatanti dell’odio anti-italiano che negli ultimi anni si sta andando diffondendo negli ambienti della sinistra. Non solo quella estrema, spesso è un sentimento che infesta i salotti “moderati” dei sedicenti democratici che, (in malafede?), operano l’interessata equazione secondo cui il dramma degli esuli istriani è roba da fascisti e opporvisi è dovere da antifascisti in assenza (conclamata dai fatti) di ogni fascismo. Magari, come ha scritto qualcuno sui giornali che contano, il ricordo di quella tragedia storica sarebbe recuperato se, espulsi i “fascisti”, fosse affidato a qualche associazione regionalistica, tipo gli indipendentisti veneti. Come se fosse stato un dramma locale, un problema da confinare – appunto – nel Nord Est e non un dramma nazionale.
La destra italiana, in tutto questo, farebbe bene a svegliarsi. A rendersi conto che la frammentazione e il reazionismo non fanno altro che il gioco delle sinistre di governo. Invece, in troppe realtà, ancora si gioca a chi è più puro di chi. Unico e solo risultato sarà, prima o poi, l’irrilevanza culturale.