Passa la Svezia. Vanno in Russia dopo i play off gli scandinavi e l’Italia di Giampiero Ventura finisce la sua avventura nella maniera più misera, con un flop davanti a San Siro e ad un popolo azzurro riunito davanti alle tv in attesa del miracolo (che non è arrivato). E’ la sconfitta di un sistema Italia che si affida alla Provvidenza, a presunti uomini del destino e non ad una seria programmazione. Nel calcio come nella politica.
Le due partite dei play off
Ventura non è l’unico colpevole della crisi del calcio italiano. Nelle due partite con gli svedesi poteva azzardare qualcosa in più, ma i soldati a disposizione erano noti. Ad eccezione dei veterani, gli altri sono stati poco impegnati nei club, maturando una esperienza internazionale inadeguata. Appuntamenti così complessi richiedono una dose maggiore di conoscenze del calcio mondiale, una spregiudicatezza che può derivare solo dall’aver giocato tante gare in Europa e nelle competizioni fuori dall’Italia. Nella gara d’andata un gol sfortunato ha dato la misura delle difficoltà nel costruire gioco degli azzurri; il ritorno a San Siro ha rinnovato la convinzione che senza un fuoriclasse è difficile sfondare il muro di chi viene a difendere con unghie e denti un gol di vantaggio. 3-5-2, 4-4-2, 3-4-1-1: le formule contano poco quando non si possiede un fantasista in grado di far saltare i lucchetti avversari.
L’addio di Ventura
Il ct va via. Nelle prossime ore chiuderà il contratto con la federazione. Il licenziamento dell’ex allenatore di Toro e Bari non risolve i problemi del movimento azzurro: discutere del mancato impiego a Milano di De Rossi o Insigne non rende evidente le lacune di un organico falcidiato negli ultimi mesi da infortuni e involuzioni di giocatori di peso o sui quali si voleva scommettere. Non ci sono fenomeni trascurati o dimenticati dal ct azzurro. Il calcio italiano è povero, e Ventura non ha saputo trovare la giusta alchimia con gli ingredienti a disposizione. Insomma non aveva la bacchetta magica e forse ha reso al di sotto delle sue possibilità di riconosciuto maestro di calcio.
Le priorità per la ricostruzione sono stranote: vivai moderni, spazio ai giovani nei campionati performanti, un limite allo schieramento in campo nei tornei degli stranieri. Lo dice il segretario della Lega Matteo Salvini e lo ripete lo showman siciliano Fiorello. Insomma la ricetta è di dominio pubblico.
Onore a Buffon
Gianluigi Buffon non giocherà il sesto mondiale. E’ stato un esempio per l’Italia di impegno e sacrificio. Resta una icona e dovrà spendere il suo carisma appena possibile nella famiglia azzurra. Le sue parole dicono tutto: “Dispiace non per me, ma per il movimento. Abbiamo fallito qualcosa che poteva essere importante a livello sociale. Questo è l’unico rammarico che ho, perché il tempo passa ed è tiranno ed è giusto che sia così. Dispiace che la mia ultima gara sia coincisa con l’eliminazione dal Mondiale”. “Volevamo cercare di non deludere i bimbi che sognano la Nazionale. Purtroppo abbiamo avuto un contraccolpo pazzesco dopo la sconfitta al Bernabeu contro la Spagna. Da lì non siamo più stati i soliti”. Poi un pensiero ai compagni: “Il mio Barzagli, il mio De Rossi, il mio Chiellini… forse lasceranno anche loro. Credo che continuerà solo Leo Bonucci. Dico grazie a tutti, non voglio rubare la scena a nessuno”. E noi ringraziamo Gigi, con la speranza che divenga un modello sia all’Italia per rialzarsi da questa rovinosa caduta.
Il ruolo del tifo azzurro e degli Ultras Italia
San Siro è stato un catino infuocato: il tifo azzurro meritava i mondiali. Da questo patrimonio di passione, dal cuore degli Ultras Italia, bisogna ripartire, ricordando ai calciatori che indossare la maglia della nazionale è un balsamo per l’anima e una responsabilità da ottemperare con tutta l’energia che si possiede.