Non s’è ancora assestata la scoppola siciliana che sul Pd rischia di scoppiare un’altra grana. Stavolta arriva dal Veneto, da Vicenza dove un tesserato al partito – di nazionalità moldava – rischia di far stoppare la macchina locale per le primarie perché il Pd non vuol far votare gli extracomunitari, anche se sono regolarmente residenti e integrati.
Ne dà notizia Repubblica, che racconto del ricorso di un 20enne pronto ad andare fino in fondo affinché venga garantito ai cittadini stranieri residenti in Italia e iscritti al Pd di poter esprimere la loro preferenza alle primarie, nel caso specifico, per la scelta del candidato sindaco del capoluogo vicentino.
Nicolae Galea, proveniente dalla Moldavia, s’è rivolto alle commissioni di garanzia nazionali del Pd e ha chiesto il rispetto dei valori che – altrove – i democratici portano fino in fondo.
La questione interna al Partito democratico non è di poco interesse. La scelta, a Vicenza, di non far votare i cittadini extracomunitari seppur in regola con i versamenti al Partito è segnale di una coerenza zoppa che si ferma di fronte all’opportunità politica. Non sfugge a nessuno, difatti, che la scelta di stoppare il voto agli stranieri risieda nella volontà di evitare gli strascichi polemici che hanno fatto da corollario a ogni competizione interna del Pd, almeno nei centri maggiori. L’unica ragione evidente è quella di evitare che i giornali, o gli avversari politici, facciano foto alle file di stranieri in coda ai seggi per delegittimare le consultazioni interne e inficiarne il valore politico.
Però tutto questo è in forte contrasto con i discorsi che da mesi i democratici portano avanti, primo su tutti quello relativo allo Ius Soli. Se un ragazzo nato da genitori stranieri può diventare italiano, perché non può votare alle primarie del Pd? Si è digiunato (a staffetta) per queste ragioni e proprio quando c’è da trasformare l’idea in azione ci si tira indietro?
Perché la copertina del consenso, a sinistra, si fa sempre più corta e diventa sempre più difficile coniugare i voti moderati – quelli che contano per le strategie locali – con quelli “ideologici”. Questa è la vera sfida che dovrà affrontare il partito di governo, da qui fino alle prossime elezioni.