Il ricorso degli abitanti di Canale Monterano al Commissariato per gli Usi Civici del Lazio, Umbria e Toscana è stato accolto. È un risultato sorprendente per il piccolo comune della Tuscia romana. Il 3 ottobre infatti è stata depositata la sentenza con la quale si riconosce la permanenza dei diritti d’uso civico su 80 ettari delle terre comunitarie nelle località La Bandita, Quarto e Montevirgilio, facenti parte della locale riserva naturale.
In difesa della terra
Un folto gruppo di canalesi ha inoltrato il 13 maggio 2016 un’istanza di ricorso al Commissariato per gli Usi Civici del Lazio, Umbria e Toscana per garantire i diritti di uso civico su ottanta ettari del demanio civico locale. Il procedimento fu avviato nei confronti della Regione Lazio, del comune di Canale Monterano e dell’omonima Università Agraria al fine di accertare il godimento collettivo di quelle terre. L’8 settembre 2015 infatti venne sottoscritta una conciliazione transattiva tra il comune della Tuscia Romana e l’ente agrario locale per l’attribuzione degli ottanta ettari di demanio civico nel patrimonio comunale. Questa decisione avrebbe rischiato di disintegrare ulteriormente le proprietà collettive di Monterano, se la popolazione non fosse intervenuta per accertare ciò che stava avvenendo.
Una giusta sentenza
Il 3 ottobre sono stati ufficialmente riconosciuti i diritti di uso civico delle terre di Montevirgilio, de La Bandita e del Quarto. Da secoli quel territorio è aperto allo sfruttamento collettivo: erano terre appartenenti all’antico feudo degli Orsini (poi Altieri), donate a più riprese alla popolazione locale. La prima donazione ci fu nel 1578, quando il duca di Bracciano e di Monterano, Paolo Giordano Orsini, cedette la Macchia e la Tenuta della Bandita. Ai primi anni del Seicento risale la seconda cessione di terre del duca Virgilio II Orsini: furono donate 170 rubbie di terra per ricompensare la popolazione per aver ceduto i propri terreni ai Padri Servi di Maria per la costruzione dell’Eremo di Montevirgilio. Dopo l’eversione della feudalità e l’Unità d’Italia, a seguito di decenni di lotte sociali e giuridiche, alle antiche proprietà collettive si aggiunsero le restanti terre del feudo di Monterano, con la costituzione nel 1906 della locale Università agraria. Stando alle direttive della legge del 1927, riguardo l’accertamento degli usi civici, si è così dimostrato l’esistenza di questi diritti e la loro persistenza nel tempo, un fattore determinante per la loro preservazione.
La sentenza del 3 ottobre non è un caso locale e isolato, ma è un monito. In Italia il demanio civico è vastissimo ed è spesso abbandonato, a danno dell’intera collettività. Per la protezione del paesaggio e dell’ambiente, come dimostra il caso di Monterano, gli usi civici sono probabilmente l’unico baluardo contro uno sfruttamento intensivo e dannoso della terra. Sono vincoli che, se riconosciuti, sarebbero del tutto inalienabili e il territorio sarebbe così al sicuro da speculazione e altri mali.