Si chiama Alberto Bagnai e insegna Economia Politica all’Università “Gabriele D’Annunzio” di Chieti-Pescara. Insieme a Claudio Borghi Aquilini, economista della Cattolica di Milano e editorialista del Giornale, guida il fronte degli accademici italiani che, da qualche anno, cominciano a denunciare la trappola dell’euro e la necessità di intraprendere una battaglia culturale per influenzare il dibattito, anche politico, attorno alla moneta unica.
A questo scopo Bagnai ha aperto un blog (http://goofynomics.blogspot.it), dove tra l’altro mostra di avere un caratteraccio, e ha scritto un volume, intitolato Il tramonto dell’euro, acquistando una certa notorietà e partecipando a diverse trasmissioni televisive. Ora, insieme allo stesso Borghi e a un bel gruppo di economisti e “addetti ai lavori” europei, di diversi orientamenti politici, tra i quali spicca la vecchia gloria Jacques Sapir, è tra i firmatari di un Manifesto di solidarietà europea, che reclama uno smantellamento controllato dell’Eurozona proprio per salvare il Vecchio Continente.
Nella visione dell’economista toscano, che opera una critica “da sinistra” dell’unione monetaria, l’esperimento dell’euro era destinato a rivelarsi fallimentare sin dall’inizio. Data l’assenza di un’area valutaria ottimale e, in particolare, di un’unione fiscale tra i diversi Paesi membri, la rigidità della moneta doveva necessariamente portare frutti negativi nel caso di uno shock, come quello della crisi finanziaria mondiale, che ha messo in luce tutti gli squilibri dell’area euro. In questi anni, infatti, la Germania ha potuto sfruttare la maggiore competitività offerta dalla moneta unica sul mercato europeo per accrescere le proprie esportazioni e avvantaggiarsi sul piano della bilancia dei pagamenti. L’Italia e gli altri Paesi della periferia, invece, dovendo far fronte a una valuta troppo forte, hanno accumulato passivi nel saldo commerciale, con un conseguente aumento del debito privato, il quale si è ben presto riversato, anche attraverso i salvataggi bancari, sul bilancio pubblico.
Da qui la crisi dello spread e l’approdo alla guida del Paese del governo dei tecnici, con l’avallo di quelle forze politiche riunite da Bagnai sotto l’ironica etichetta di PUDE (Partito Unico dell’Euro). Da qui anche le drastiche ricette imposte da Monti: nell’impossibilità di svalutare la moneta, si svalutano i salari, per recuperare “competitività” in una vera e propria sfida al ribasso, una guerra tra poveri che accresce non solo le tensioni tra Paesi, ma anche tra ceti dirigenti e ceti deboli, rischiando di far esplodere l’Europa in mille pezzi. E poi, se anche Italia e Spagna cominciano a comprimere la domanda interna, chi comprerà i prodotti tedeschi? Imponendo una politica di “rigore” ai suoi vicini, la Germania non sta segando il ramo su cui è seduta e su cui ha prosperato in questi anni? Trattasi, dunque, di vero e proprio circolo vizioso, un nodo gordiano impossibile da sciogliere.
Come uscire da questa situazione? È possibile farlo attraverso “più Europa”, ad esempio reclamando un ruolo più incisivo della Banca Centrale Europea o l’avvento degli eurobond? Bagnai è scettico sul punto, per ragioni essenzialmente politiche: l’unica strada per risolvere la crisi in modo strutturale sarebbe operare un massiccio trasferimento fiscale dalle aree più ricche a quelle più deboli dell’unione monetaria, un po’ come accade all’interno degli Stati nazionali.
Ma se la solidarietà fiscale trova avversari anche all’interno di un Paese, vedi ad esempio la retorica leghista, come potranno i tedeschi accettare di buon grado di pagare per i greci e gli spagnoli? Con buona pace di Anderson e delle sue “comunità immaginarie”, le nazioni esistono ancora e non sembrano avere intenzione di scomparire tanto presto. Si tratta, insomma, di una soluzione politicamente impraticabile; bisogna inventarsi altro, se si vuole porre fine al processo di impoverimento, deindustrializzazione e indebolimento delle tutele sociali che sta colpendo l’Europa meridionale. Questo “altro” è, appunto, la rottura dell’unione monetaria, con buona pace di chi continua a fare terrorismo intellettuale, agitando lo spauracchio dell’iperinflazione..
Volumi come quello di Bagnai e manifesti come quello per la solidarietà europea, dunque, costituiscono utili strumenti per orientarsi nella discussione, rifuggendo – per una volta – da slogan ideologici ed eccessi da complottismo signoraggista, che caratterizzano troppo spesso l’approccio ai problemi dell’Europa e dell’economia e sono talora sintomo di strumenti culturali inadeguati.
@barbadilloit