“Giocheremo per i nostri morti”. Il proclama è di quelli che fan venire la pelle d’oca. La Siria, travagliata da anni di guerra e di terrore, è al bivio. Può scrivere la storia del calcio, nel momento peggiore della sua, di storia.
Oggi pomeriggio, la nazionale affronterà l’Australia. L’incontro è in programma in Malesia, a Malacca, dove la Siria calcistica ha trovato asilo. Il ritorno, tra una settimana, a Sidney.
L’opportunità è grande: vincere contro i Canguri, regalerebbe agli atleti allenati da Ayman Hakeem, l’opportunità di giocarsi un ulteriore e decisivo preliminare verso il mondiale di Russia 2018. E, forse, il destino potrebbe decidere di opporre alla Siria vincente, la rappresentativa degli Stati Uniti, se gli americani centreranno il quarto posto nel girone qualificatorio della Concacaf.
Il calciatore simbolo della Siria, che mai sinora aveva potuto ambire a un traguardo sportivo del genere, è Omar Jihad al Somah. Lui arriva da Deir ez-Sor, una delle città che più di altre ha patito gli orrori del conflitto siriano. Eroe sportivo che ha regalato alla Siria quel passaggio che le consente di disputarsi oggi la possibilità di andare al Monadiale, ha spiegato come l’intenzione sua e di tutta la squadra sia quella di “Restituire felicità alla nostra gente e giocare per tutti i siriani morti”.