Ci sono solo sei chilometri che dividono il Colosseo, arena dei ludi dell’età flavia, con il moderno Palazzetto dello sport di Roma ma sabato scorso ogni distanza geografica e soprattutto storica è stata annullata dalle figure di due pugili, moderna trasposizione dei gladiatori: Francesco Lomasto e Luciano Randazzo. E proprio quest’ultimo è stato chiamato, noblesse oblige, a difendere il suo titolo italiano superleggeri dall’assalto dell’avversario, costretto solo da un infortunio alla mano accorsogli lo scorso anno a lasciare vacante la cintura del primato italiano.
IL CREPUSCOLO DEGLI IDOLI
I due moderni gladiatori sono partiti subito intensamente con una prima ripresa in cui Lomasto ha costretto il campione ad assaggiare subito la terra dell’arena con un potente gancio destro che ha costretto Randazzo ad un affrontare un match in salita: è l’inizio del “Crepuscolo degli idoli” di Nietzschiana memoria. Il campione in carica, verde di rabbia, ha reagito all’affronto colpendo in pieno volto Lomasto con un bel gancio destro alla terza ripresa e mostrando per tutto il match un’ottima “shoulder roll” (la tecnica difensiva che ha caratterizzato la boxe di Mayweather Jr.). Lo sfidante, per contro, ha sfruttato la sua innata scelta di tempo per colpire più volte di rimessa con precisi diretti destri, esprimendosi al meglio in uno stile pugilistico lineare ed efficace. Tant’è vero che così facendo, pur costretto a contenere nelle varie riprese le sfuriate di Randazzo fatte di ganci al corpo e al volto, Lomasto è riuscito a concludere quasi ogni ripresa in vantaggio, mettendo la ciliegina sulla torta all’ultimo round con una rapida combinazione montante destro e gancio sinistro. Al termine dei ludi, i tre giudici hanno raggiunto il verdetto unanime di pollice verso per il campione Randazzo che, alla luce dei cartellini contenenti un 97-94, 97-93 e 97-92, è costretto a passare il testimone allo sfidante, finalmente riappropriatosi di un titolo perduto solo per colpa del fato avverso.