Quando uno scrittore non di professione inserisce nella propria narrativa spunti, particolari, interessi e magari l’intero sfondo tratti dal suo vero lavoro quotidiano possono accadere due cose opposte: o ne esce un noioso saggio camuffato da romanzo o racconto, oppure al contrario una storia avvincente perché arricchita in meglio dalla propria specializzazione. Questo si verifica quando l’autore ha una specifica immaginazione ed è portato verso trame avventurose in ogni senso, intriganti e complesse, siano esse realistiche che sul versante fantastico, fantascientifico, orrorifico e fantapolitico.
Quest’ultimo è il felice caso di Giuseppe Magnarapa di professione neuropsichiatra ed ex dirigente di un Centro di Salute Mentale, il quale, alla fine degli anni ’80 quasi al suo esordio, ha vinto un Premio Tolkien (riconoscimento che ha rivelato diversi scrittori originali) ed ha pubblicato il romanzo Complotto finale (Solfanelli, 1990) che dava una versione politicamente scorretta, come si direbbe oggi, degli “Anni di Piombo”, così come, in seguito, con Obiettivo Berlusconi (Edizioni Asociate, 2007) l’ha data della avventura governativa del Cavaliere. Lo stesso vale per i suoi romanzi successivi dove indaga i risvolti fantascientifici del progresso medico, come NGF – L’Ultimo Trapianto (Tabula Fati 2007) ovvero quelli psicologici dell’assassino e dei suoi delitti, come I sogni degli altri (Silver Press, 1995), Psicomicidio (Il Rovescio, 2009), Un angolo di Purgatorio (Tabula Fati, 2013), La stanza dei giochi (Arduino Sacco Editore, 2012) fino al suo ultimo Sinceramente vostro, Jack lo Squartatore (Aracne, 2016).
Nella sua attività scientifica, il dottor Magnarapa si è interessato spesso degli assassini seriali, dell’omicidio e della violenza in generale ai quali ha dedicato vari saggi specialistici: Teoria e Pratica dell’Omicidio Seriale (Armando, 2004), Morire d’amore (Edizioni Tabula Fati, 2025), Gli Eredi di Caino – Psicopatologia dell’omicidio pubblico e privato” scritto in collaborazione con Daniela Pappa(Edizioni Associate, 2016). E naturalmente si è imbattuto in Jack, il capostipite degli omicidi seriali cui ha dedicato un articolo sulla Rivista italiana di criminologia nel 1996. Dopo venti anni il misterioso assassino è diventato protagonista di un romanzo.
Dottor Magnarapa perché il suo interesse professionale per questi personaggi così inquietanti e per il primo della serie storicamente noto, Jack?
“L’interesse professionale dello psichiatra è rivolto ai pazienti affetti dalle psicopatie più gravi: i serial killer, ad esempio, potenziali o attuali, che utilizzano le loro funzioni psichiche in modo diverso dal consueto, avendo comportamenti in contrasto con le regole sociali. Un celebre psichiatra americano ha osservato che i “cattivi” fanno ciò che i “buoni” si limitano a pensare e Jack lo Squartatore è l’antesignano dei Serial Killer, ma è diventato una leggenda poiché il mistero sulla sua identità è durato per più di un secolo”.
Lei ha in sostanza preso spunto dalle ultime ricerche e scoperte su questo caso che ha sollecitato la fantasia di molti romanzieri e saggisti.
“Sì. Di tutti i libri pubblicati finora sullo Squartatore, il più serio e convincente è The Final Chapter di Paul H. Feldman, poiché il suo autore è immune da qualunque pregiudizio legato ad una delle tante tesi sulla identità di Jack. La sua ricerca sull’ormai celebre Diario è un’inchiesta giornalistica clamorosa almeno quanto quella sullo scandalo Watergate. Il Diario su cui è basata, pubblicato in Italia da Sperling & Kupfer nel 1994, è costituito da una serie di riflessioni personali e dalla fedele descrizione dei delitti: in altre parole è il diario di un grave psicopatico tossicodipendente a proposito del quale un’esperta psicografologa israeliana ha dichiarato “impossibile” possa trattarsi di persona diversa da quella che ha vissuto le emozioni e consumato gli omicidi descritti: e se il diario, firmato “Jack lo Squartatore” è opera, per ammissione dei suoi stessi detrattori, di un certo James Maybrick di Liverpool, concludete voi il sillogismo. La questione della provenienza e della autenticità sono assai più complesse, ma una cosa è certa: nessuno è mai riuscito a dimostrare inequivocabilmente che si tratta di un falso. Per inciso, l’imbroglio dei presunti “Diari di Hitler” fu oggettivamente smascherato nel giro di pochi mesi”.
Ma questo “diario” si può considerare sicuramente vero? Il problema essenziale è questo per capire il suo significato.
“Il Diario, come ho detto, è la descrizione dei sentimenti distruttivi di odio-amore nei confronti della moglie-prostituta e dei brutali assassini scatenati dall’abuso di droghe (arsenico e stricnina). L’ultimo delitto, quello di Mary Kelly, è il più antico caso criminale documentato fotograficamente e non esistono, nel Diario, dati incompatibili con ciò che si sa ufficialmente dei delitti. Il Diario rispecchia il percorso mentale dell’assassino fino alla reazione depressiva finale che sfocia in idee di pentimento e autosoppressione punitiva”.
E cosa emerge da quanto scritto nelle sue pagine?
“L’assoluta compatibilità tra come furono effettivamente consumati i delitti e la loro descrizione, fino ai particolari desunti dai verbali di Polizia e mai comunicati alla stampa fino al 1970, dettagli che, quindi, solo l’autore materiale poteva conoscere. Il merito principale dell’inchiesta di Feldman è stato proprio quello di analizzarli attentamente per riscontrare eventuali contraddizioni che smascherassero il falsario, ma questo non è mai avvenuto perché in caso contrario, la ricerca sarebbe stata immediatamente cestinata, in base alla premessa dello stesso Feldman”.
Ora si sa quale sia i nome di Jack lo Squartatore. Altro che immigrato, ebreo, agente della polizia segreta zarista, o membro della famiglia reale! Un semplice commerciante di cotone pieno di disturbi, Una banalità…!
“Le precedenti identificazioni categoriali di Jack riflettevano il pregiudizio strisciante dei rispettivi autori nei confronti della categoria stessa (macellai, chirurghi, ebrei, immigrati, provocatori politici, marinai, membri debosciati della Famiglia Reale): Feldman, con il suo lavoro ha riportato la figura di Jack nell’alveo della normalità: un inglese della middle class, commerciante, uno di noi, insomma, cosa inquietante e, forse, inaccettabile, soprattutto per la borghesia britannica di fine ‘800″.
Ovviamente i suoi saggi scientifici sono una cosa, un romanzo di orrore psicologico un’altra. Che cosa ha aggiunto in più che si possa dire senza svelare troppo su trama e colpi di scena?
“La lettura di The Final Chapter non è affatto semplice, poiché contiene resoconti dettagliati di analisi scientifiche e grafologiche, di atti processuali ed articoli di giornali, di certificati di nascita e morte relativi a presunti discendenti di Maybrick, oltre ai colloqui diretti avuti con decine di persone rintracciate ovunque in territorio britannico: per questo ho deciso di trasformarlo in un romanzo, agile ed avvincente dove, accanto ad episodi autentici, altri, inventati, o piuttosto ipotizzati, vi sono inseriti sotto forma di flash-back per rispettare la continuità narrativa”.