Nei pressi di Roma, nella Tuscia romana, c’è il lago di Bracciano, uno specchio d’acqua tra i più belli dell’Italia centrale e del Bel Paese. Oggi purtroppo il degrado ambientale ha finito per minacciare l’integrità della biosfera, delle acque e del paesaggio umano del lago. La Città Eterna reclama incessantemente risorse idriche e da lì vengono prese per soddisfare l’arsura degli uomini e delle macchine. L’incuria ambientale, al di là degli estremismi ecologisti, è il chiaro segno della degradazione umana, che arriva a relativizzare la bellezza e la salute della natura. Si ignora, o si fa finta di non sapere, che la sanità umana viene anche dal benessere naturale. E’ bene che ci sia un equilibrio tra uomo, flora e fauna. Il Medioevo e le età passate hanno vissuto un rapporto conflittuale sì, ma anche biunivoco: la prosperità dell’ambiente, come insegna lo storico Vito Fumagalli, era assicurata dalle cure umane; viceversa la natura, se ammaestrata, dava cibo e sicurezza a villaggi e città. Ciò che sta accadendo al lago di Bracciano, avviene quando l’equilibrio si spezza e anche le risorse collettive e primarie, come l’acqua, vengono sperperate.
La bellezza del lago
Oggi la bellezza del lago ci sfugge, perché lo stesso concetto di bello è si dissolto come neve al sole. Il filosofo Stefano Zecchi ha raccontato come la decadenza estetica è conseguenza della liquidità della modernità: la differenza viene cancellata e di conseguenza “bello” o “brutto” si annullano. Il lago di Bracciano soffre dell’assenza della bellezza del mondo. Dal Bello viene anche il Vero, quindi la divinità, che scompare se non ci meravigliamo.
Il lago divino
Forse, solo leggendo una poesia di William Wordsworth, potremmo riscoprire il divino nel lago. Gustando una tragedia del greco Eschilo, vedremo gli dei, le profetesse e gli altri esseri eterni della mitologia classica popolare le sponde o le acque dei laghi. I poeti romantici inglesi avranno vissuto attimi di estasi incredibili: la bellezza del paesaggio è un indizio della presenza di Dio, la sua orma nella natura. Nelle acque lacustri il Cielo si specchiava, permettendo ai comuni mortali di godere dell’Eternità in Terra. Il lago diveniva una finestra che dava sul Paradiso terrestre.
La profondità del lago, dell’anima
Il filosofo Henry Thoreau affermava che “finché gli uomini crederanno nell’infinito, alcuni laghi saranno creduti senza fondo”. Le placidi acque lacustri nascondo un fondo buio e melmoso, come l’anima. Lo sapeva bene lo psicanalista Carl Gustav Jung: scendere nelle profondità del lago è un viaggio a ritroso nel nostro inconscio, tra gli archetipi e le immagini uterine. Un ritorno alle origine. Il lago, riflettendo il Cielo, ci spinge in Alto, ma le sue acque scure, quando le nuvole coprono il Sole, ci rammenta la nostra profondità, così torbida da incuterci timore.
Acque tempestose, acque placide
Quando la superficie del lago è increspata dalle onde, l’anima è turbata. Questa immagine ricorre spesso nella letteratura: l’agitazione dei flutti ricorda il disordine esistenziale, che solo la divinità sa placare. Nel “Vangelo secondo Matteo” è Gesù che calma le acque del lago di Tiberiade, rassicurando gli apostoli sulla barca. E’ solo specchiando la calma di un lago e ammirando la sua bellezza, scopriamo l’orma di Dio e sappiamo di non essere soli.
Il lago metafora della vita
Poeti, filosofi e letterati hanno fatto del lago la loro Musa ispiratrice. La bellezza dei luoghi lacustri, spesso circondati da borghi e castelli, come Bracciano o il Garda, li rende magnifici e incantati. La fantasia, il sentimento e la tradizione li hanno elevati a luoghi d’incontro con gli dei e con la propria anima. Forse l’Eden è vicino, in questi paesaggi, ma non ce ne accorgiamo e lo stiamo distruggendo.