Cornice superbamente romantica quella del giardino della Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio all’Aventino, quando al tramonto di questa opprimente estate romana, si sta svolgendo l’ennesima edizione di Pirandelliana: rassegna dedicata al sommo Maestro del teatro del ‘900, Luigi Pirandello (1867 – 1936). A giorni alterni, sino al 6 agosto, vengono rappresentati due classici dell’autore: Pensaci, Giacomino (1916) e Così è (se vi pare) (1917). Abbiamo avuto modo di assistere alla messa in scena proprio di quest’ultima pièce, per la regia di Marcello Amici, la quale è risultata a nostro parere una resa più che soddisfacente dell’opera di Pirandello, tratta dalla novella coeva dal titolo: La signora Frola e il signor Ponza, suo genero. Essa fu rappresentata per la prima volta il 18 giugno 1917 al Teatro Olimpia di Milano, benché Pirandello ne elaborò una nuova edizione nel 1925, per meglio adattarla alle esigenze teatrali, applicandovi sostanziali modifiche.
La trama è incentrata su di un tema molto caro al drammaturgo: la inconoscibilità del reale, di cui ognuno può dare una sua personale interpretazione, che raramente però coincide con quella degli altri. Si genera così un relativismo della esistenza, causato dalle convenzioni imposte dai giudizi esteriori; il tutto sfocia immancabilmente, e non poteva essere altrimenti in Pirandello, nella impossibilità di ottenere una verità ultima.
La commedia è suddivisa in tre atti, quando in una cittadina di provincia una strana famiglia suscita la curiosità degli abitanti. Si tratta del Signor Ponza e della suocera, la Signora Frola, e della moglie del signor Ponza, mai vista veramente da nessuno, eppure sulla bocca di tutti. Costoro subiscono vari pettegolezzi, sino alla maldicenza: corre voce infatti che il Signor Ponza impedisca alla Signora Frola di vedere la figlia, tenuta chiusa a chiave in casa. Nel tentativo di risolvere il mistero, vengono messi in atto vari stratagemmi, tutti a discapito della riservatezza della Famiglia Ponza.
Malgrado non prettamente appartenente al corpus pirandelliano del cosiddetto “teatro nel teatro”, Così è (se vi pare) resta un bell’esempio di metateatro, l’opera si apre col personaggio di Lamberto Laudisi che si rivolge direttamente al pubblico, poiché la sua figura è chiaramente l’alter ego dello stesso Pirandello. Ecco, allora, che Laudisi si confronta sovente con la platea, spiegandole gli avvenimenti, commentandoli con puntuale sarcasmo, stigmatizzando la stolidità e, soprattutto, la piccola meschinità di questi notabili di provincia, sia donne che uomini, i quali, annoiati da una vita piatta, non trovano miglior passatempo che vessare col loro morboso desiderio di sapere i Ponza.
L’opera si distingue per il quasi totale rispetto delle unità aristoteliche (di tempo, di luogo e di azione), sviluppandosi in uno dei tanti “non luoghi” cari a Pirandello. La Verità tanto cercata dagli abitanti del paese viene sbeffeggiata da una ironia che, nella scelta registica di Amici, si ritrova nella omologazione dei costumi di scena in base al ruolo sociale dei personaggi; aspetto, questo, che ripropone la forte connotazione antiborghese del teatro pirandelliano.
Una troupe professionale rende giustizia a uno dei capolavori di quello che consideriamo, e non siamo certo i soli a pensarlo, il maggiore scrittore del XX secolo. Il genio di Pirandello, di questo uomo alla fine solitario, perso in silenti giornate di scrittura all’interno della sua abitazione romana in Via Antonio Bosio 13b – oggi musealizzata e sede dell’Istituto di Studi Pirandelliani e del Teatro Contemporaneo – è tutto nel personaggio di Laudisi, nel suo essere un “analizzatore interno”. Sarebbe a dire, che costui è quel capocomico che filtra tra il palco e la platea, tra finzione e realtà, declamando la carenza identitaria dell’uomo contemporaneo, il quale, come accade in Così è (se vi pare), ricerca una verità che non esiste. Le certezze sono superflue, questo ci ha insegnato Pirandello. Ciononostante, noi continuiamo a pretenderle e, quando non le troviamo, a crearne di nostre; menzogne spacciate per fatti autentici. Ciò porta l’essere umano al ridicolo, che l’autore nato ad Agrigento smaschera e deride nella conclusione della sua opera:
Il Prefetto: (commosso) “Ma noi vogliamo, vogliamo rispettar la pietà, signora… Vorremmo però che lei ci dicesse… ”
Signora Ponza: “Che cosa? la verità: è solo questa: che io sono, sì, la figlia della signora Frola, e la seconda moglie del signor Ponza; sì, e per me nessuna! nessuna!”
Il Prefetto: “Ah, no, per sé, lei, signora, sarà l’una o l’altra!”
Signora Ponza: “Nossignori. Per me, io sono colei che mi si crede!”
Laudisi: “Ecco, o signori, come parla la verità!”
Possiamo in ultima battuta solo dire che la perenne attualità di Pirandello è la cifra della sua grandezza. Oggi, in un mondo popolato di impostori, le sue storie sarebbero, se lette con attenzione, di estremo aiuto per togliere il travestimento a coloro che dell’inganno hanno fatto sangue e della calunnia la propria acqua.