Ci sono stati uomini che hanno sfidato la società, con i suoi cliché, e la storia per affermare se stessi e le proprie vocazioni. Si tratta alle volte di sconfitti, che inutilmente hanno tentato di realizzarsi, costretti poi a subire le vendette del loro tempo. Altri invece hanno vinto e la loro personalità ha lasciato un’impronta indelebile. “Uomini contro la storia” del celeberrimo Vito Fumagalli (Il Mulino, 2015) ci racconta queste vite disperate e “romantiche”. E’ un testo che fu pubblicato per la prima volta nel 1995 ed è il testamento spirituale del suo autore: la storia, sembra dirci il Fumagalli, va vissuta come un’eterna aspirazione dell’uomo a vivere in piena libertà e senza manzogne.
Uno storico “bonderline”
“Uomini contro la storia” è una galleria di personaggi di estrazione sociale differente, vissuti in luoghi e in secoli diversi e con vocazioni particolari e originali, ma tutti accomunati dalla voglia di rivalersi sul loro tempo, sulle regole sociali e sul destino. Fumagalli non ha mai nascosto il suo interesse per le personalità più liberarie del medioevo italiani. Massimo Montanari traccia nella “Prefazione” un ritratto breve e efficace del medievalista: “[…] Fumagalli evidenzia i tratti di comportamento che faticano a inserirsi negli schemi sociali e ideologici; predilige personaggi […] di confine, riottosi alla tipizzazione e alla classificazione: contadini che non si limitano a lavorare i campi ma fanno anche i pastori e i boscaioli; servi che si ribellano al dominio signorile; guerrieri che sentono il richiamo della vita religiosa e si travestono da monaci (magari solo di notte, nascosti al mondo che li esige con le armi in pugno); monaci e preti che si mescolano ai contadini imbracciando vanghe, zappe, scuri; vescovi e abati di nobile famiglia che, balzati a cavallo, si lanciano in ardite battute di caccia rituffandosi nel clima della loro giovinezza.”
I ribelli: santi, cavalieri e contadini
Chi sono questi uomini e queste donne, come Matilde di Canossa, così impavidi? E’ il caso di Geraldo di Aurillac, il “santo conte”, un nobile francese che volle vivere come un monaco, dividendosi tra gli impegni aristocratici e la contemplazione religiosa. Lupo Suplaimpunio era invece un contadino coraggioso, che osava denunciare ai tribunali i soprusi del suo signore. Ci sono anche religiosi, come San Colombano e i suoi monaci: vivevano in austerità sui sentieri dell’Appennino dell’Italia centrale, alternando il lavoro alla preghiera e rifiutando di adempiere al “secolo”. Il Medioevo è stato mistico e ribelle: cavalieri, dame, contadini e santi hanno rifiutato la mondanità e i loro ruoli per esprime al massimo se stessi.
Le rivolte dei Ciompi
La ribellione medievale non è stato solo un fenomeno individuale, ma ha coinvolto le masse. Le violenze poi non sono mancate e i massacri hanno per mesi insaguinato città e regni. La storiografia marxista ha esagerato notevolmente l’origine “proletaria” di questi eventi, parlando già all’epoca di “lotta di classe” e di “dittatura del proletariato”. Fumagalli invece racconta la storia senza costrutti ideologici e lo fa narrandoci la rivolta del “Ciompi”, che coinvolse Firenze tra il giugno e l’agosto del 1378. Le arti minori e i salariati (detti “Ciompi” in toni dispreggiativi) per pochi mesi ressero le sorti del comune fiorentino, rivendicando una maggiore partecipazione politica. Si è visto in questo celebre episodio della storia toscana una prima rivoluzione socialista, un primo barlaume di “coscienza di classe” e l’aspirazione a costituire uno Stato più egalitario e fraterno. Al contrario Fumagalli smaschera questi errori ideologici e racconta una storia diversa, fatta non di un proletariato rivoluzionario, ma di povera gente che non vuole più essere esclusa dalla gestione dello Stato e rivendica un degno posto nella società. Non c’era il desiderio di abbattere il vecchio ordine, ma di prendervi parte. Le varie fazioni dei “Ciompi” si alleavano e si scontravano inseguendo il demagogo più influente: mancava un partito e qualsiasi unità d’intenti. Il tumulto del 1378 fu piuttosto l’esplosione di rabbia di povera gente massacrata dal lavoro ed esclusa dalla vita pubblica cittadina.
Queste e altre storie di libertà e di rivalsa sono narrate magistralmente da Fumagalli e lo fa con empatia, cercando di farci immergere nel turbolento e ribelle Medioevo.
*Uomini contro la Storia. Vito Fumagalli. Pp 136. 12 euro. Editore Il Mulino