Una delle poche fortune che ho nella vita è di non essere presente su facebook, di credere poco alla rete diffusa, ai social network, alle infatuazioni tecnologiche, alla comunicazione sbrigativa cotta e mangiata, insomma a come le chiamava Leopardi “alle magnifiche sorti e progressive” esaltate in ogni tempo e latitudine. E’ un dono quello del dubbio, così come l’amore per la filosofa tragica affidata al gioco dispettoso degli Dei. Ed i doni sono doni, e a caval donato non si guarda in bocca…
Per cui di molte delle recensioni pubblicate sul quarantennale del primo Campo Hobbit appena conclusosi (più di alcuni commenti diretti ricevuti da amici e camerati) , ne ho tenuto conto; si ma parzialmente , ma perché anche il dubbio alla fine risulta parziale, quando viene posto sul dubbio stesso che si pone.
Intanto serve semplicemente un grazie immenso come un “Tempio Greco”, per Marina, Italo ed i ragazzi dell’Associazione Generoso Simeone e a tutti quelli che hanno collaborato a tirar su l’evento con braccia e sudore (come allora), e che attraverso il loro gratuito sacrificio hanno permesso il “remaque” ( forse utile più a noi che a loro ).
Grazie quindi, perché non era assolutamente dovuto, soprattutto per coloro che hanno almeno 25-30 anni di militanza in meno, in meno dei semi-pensionati ed i nazional-depressi intendo; grazie perché anche lo sforzo ed il sacrifico è stato superiore alle attese.
Grazie nonostante i veti incrociati, le rinunce dell’ultimo momento, le mancanze deliranti, le assenze mediate, le fughe strategiche, i distinguo di vertice, insomma la solita farraginosa ed eterna guerra intestina all’ambiente; guerra che oggi si fa perché purtroppo (…e sottolineo il purtroppo) non esistendo più la guerra quella vera, si fa finta di farne una a caso, con il vicino prossimo, per potere dire di aver vinto almeno una volta qualcosa nella vita…
Eravamo in pochini; non importa, la macchina ha funzionato discretamente, nonostante il caldo, la burocrazia ed il vento, caldo fastidioso e polvere, ma la polvere, guardate che era la stessa che mangiarono i camerati di quel Campo 40 anni fa, quel mitico 1977 , l’ultimo periodo d’annunziano della storia d’Italia, un tempo ricco di aspettative e tragedie che mischiava la stessa polvere di quel Campo al sangue delle strade, dei marciapiedi , dei vicoli nascosti, alle lacrime, ai funerali ed alle lettere semi-clandestine scritte dal carcere di Rebibbia…
Dobbiamo quindi intanto ringraziare, forse in silenzio, perché molto del nostro incorrotto immaginario, del come siamo oggi ( e vale anche per i pischelli di 20 anni con muscoli e testosterone pompato) lo si deve a quella sana “mutazione antropologica” che seppe evolvere il neofascismo senza tuttavia rinnegarlo, che seppe essere radicamento senza estremizzazione superflua, che seppe coniugare il migliore ecumene del nostro mondo, facendolo uscire fuori dal ghetto della sconfitta, o peggio, a rimorchio dalla viscida nomenclatura “ destra “ di partito, che pensava solo a elezioni e congressi, proiettando così un intera generazione in un modello legato al Mito, al Sacro ed alla Sua Eterna Evocazione.
Sia chiaro che oggi come ieri chi non capisce di “antropologia”, non capisce bene neanche l’ ideologia e la dottrina. Ecco perché contestare a 360° Tolkien ed il suo immaginario come “insussistente” era privo di senso ieri ed ancor più privo di senso oggi: è come contestare la filologia classica, la linguistica e le tradizioni non scritte che sopravvivono ai secoli; perché quel mondo a cui ci riferimmo e ci rifacciamo è “auto-consistente”, vive indipendentemente da noi e dai molti che lo hanno rinnegato; così come è stato rinnegato il Fascismo prima ed il Neofascismo dopo, buttando come si usa dire il bambino con l’acqua sporca. Tutto vive ancora, nonostante i rinnegati, i rinnegamenti ed i Giuda sempre troppo numerosi; e tutto vive soprattutto grazie al dubbio.
In realtà nulla andrebbe rinnegato e tutto andrebbe rigenerato, ripensato, contestualizzato, evoluto, arricchito, ri-evocato, senza alcuna parodia si intende. Ma qui nessuno voleva ritornare al 1977 anche se vi assicuro, che per come è andata, ci avremmo guadagnato a tornare indietro tra polvere e sangue; e questo in qualche modo è stato fatto nelle tre giorni appena conclusa. Alla fine per molti è stata una opportunità per rincontrarsi, per altri più giovani, quella di incontrarsi per la prima volta. Vedremo tutti dove saremo ancora tra altri 40 anni.
Quindi grazie a Generoso Simeone, Rutilio Sermonti, Pietro Golia, e a tutti coloro che vollero quella “mutazione antropologica”; soprattutto grazie ai ragazzi di oggi che ci hanno rinfrescato la memoria sul come avremmo dovuto/potuto essere.
Quello che sarà il domani non c’è modo di saperlo.
… E questo, nonostante come sempre il vento.