Non lo nascondiamo, il cocktail di presentazione del Festival di Locarno è uno di quegli eventi al quale fa solo che piacere partecipare, alcune preziose ore per sentirsi “aristocratici”, così da fuggire dalla volgarità di una società costantemente cafona. Si viene introdotti per nome, Ambasciatore, il Presidente della Rassegna (Marco Solari) e il Direttore Artistico (Carlo Chatrian) salutano uno a uno gli ospiti. Il luogo, nel cuore dei Parioli, è meraviglioso. Poche parole, quelle necessarie e poi a godersi in modo abbastanza elegante la vita, un “rito mondano”, questo è quello di cui stiamo parlando.
Mercoledì 21 giugno, L’Ambasciata Svizzera è stata il piacevole teatro, come del resto avviene ogni anno, della presentazione di uno dei festival cinematografici “minori” tra i più apprezzati dal pubblico e dalla critica, giunto alla sua 70° edizione, la quale si svolgerà nella cittadina del Canton Ticino.
Di mediamente interessante la Rassegna proporrà, domenica 6 agosto, Amori che non sanno stare al mondo, il nuovo film di Francesca Comencini, versione cinematografica dell’omonimo libro scritto dalla regista. Il 31 luglio invece in Prefestival, verrà riaccolto un amico di Locarno, Pardo d’oro nel 1980; ovvero, Marco Tullio Giordana, con il suo nuovo film per la TV: Due soldati. Dal punto di vista prettamente filmico, non vi è molto altro da aggiungere.
Dicevamo delle poche necessarie parole, come quelle nell’accorato discorso dell’Ambasciatore, ben più “caloroso” di quelli degli anni passati, nel parlare della “Svizzera Italiana”. Già, la italianità del Festival di Locarno è stata reiterata. Ancora una volta, ci siamo involontariamente trovati vicini a Dario Argento, che Carlo Chatrian ha affettuosamente definito: “Il miglior Presidente di Giuria nella storia di Locarno”. Il Maestro del thriller, non solo nostrano, ma europeo, è come al solito sbucato fuori dal nulla, sempre sorridente e umile, per poi scomparire al termine della presentazione ufficiale; non è proprio tipo da cocktail Dario Argento. Strano davvero che nella grande sala della Ambasciata, popolata dal bel mondo romano, lo ritroviamo ogni volta alle nostre spalle, tanto da far pensare che si sia entrambi degli abitudinari, inclini a mettersi nello stesso luogo.
Una Nazione di banchieri non poteva che rappresentare il proprio festival su di una banconota, per la precisione quella da 20 franchi svizzeri. Beati loro che hanno la propria moneta, stanno sicuramente assai meglio di noi, e non soltanto per il vil danaro. Hanno un Paese che gli appartiene e non sono, dunque, soggetti a grandi frustrazioni, essendo, quindi, propensi alla vera ospitalità o accoglienza che dir si voglia.