L’infaticabile Gianfranco de Turris, che da decenni continua a seguire con interesse da studioso e storico tutti gli aspetti della vita e del pensiero del filosofo Julius Evola, ha edito la terza ristampa di un testo fondamentale per chi vuole comprendere meglio le motivazioni delle peregrinazioni e delle azioni svolte da Evola.
Si tratta del libro “Julius Evola: un filosofo in guerra 1943-1945” (edito dalla casa editrice Mursia, prezzo di copertina 18 euro) che narra, con abbondanza di documentazioni e di testimonianze dirette ed indirette, cosa ha fatto e come si è comportato Evola negli anni cruciali della guerra, quelli del biennio infausto iniziatosi il 25 luglio 1943 e conclusosi ad aprile-maggio 1945. E si tratta non già di una semplice ristampa causa l’esaurirsi delle copie (o meglio, non si tratta solo di questo) ma è in realtà un nuovo testo perché arricchito di altri documenti, di fotografie, di testimonianze scritte e verbalizzate rispetto allo scritto iniziale.
E’ peraltro un libro che si legge come un giallo, perché ad ogni paragrafo ed ad ogni capitolo c’è una novità, un fatto, un documento che modifica conoscenze che si avevano o che sembravano ovvie.
Si apprende così che Evola, dopo la crisi del 25 luglio, rimane per qualche settimana a Roma e continua a lavorare ai suoi libri i cui proventi sono del resto la sua unica risorsa economica visto che il cambio del regime gli ha sospeso il compenso che gli proveniva dal Ministero della Cultura Popolare per gli articoli che scriveva per una serie di giornali. Poi si reca in Germania dove incontra Preziosi con cui concorda alcune iniziative pubblicistiche, e sta per tornare a Roma proprio l’8 settembre, quando giunge notizia dell’armistizio. Allora lui e Preziosi vengono inviati dai tedeschi al quartier generale di Hitler, a Rastenburg, ed alloggiati su un vagone ferroviario attrezzato fermo ad un binario morto come fosse in disarmo (“il treno immobile”, lo chiama) dove incontrano altri italiani rimasti fedeli a Mussolini (Alessandro Pavolini, Vittorio Mussolini, Renato Ricci). Il Duce li raggiunge dopo la sua liberazione e comunica loro la sua intenzione di riprendere la guida dell’Italia con una “Repubblica” che continuasse l’alleanza con la Germania anche militarmente e con un programma di politica sociale.
Era, in sintesi, il progetto della Repubblica Sociale Italiana che viene formalmente costituita dopo due settimane. Evola è, in quel momento, interlocutore di Mussolini condividendone l’iniziativa e la ripresa della lotta: l’unica riserva che ha e che comunica riservatamente ai suoi connazionali, era il fatto che – secondo la sua visione tradizionalista – il principio monarchico fosse superiore alle azioni disdicevoli dei suoi rappresentanti temporanei, i quali dovevano essere destituiti ma lasciando intatta – come “sede vacante” – l’istituzione. E’ questa una nota posizione evoliana, che confermerà anche nel dopoguerra nei suoi scritti.
Evola ritorna a Roma, riprende la sua attività editoriale ma inizia contemporaneamente ad allacciare i contatti con tutte quelle persone, in Italia ed all’estero, che si preoccupavano di costruire un organismo per agire dopo la probabile sconfitta, al fine di sostenere la concezione tradizionale e spiritualista dello Stato. Il nome scelto per questo progetto, cui collaborarono molti autorevoli esponenti della cultura politica nazionale che poi ebbero un ruolo anche nel dopoguerra, era “Movimento di Rinascita dell’Italia” (MRI), nome molto simile a quello che poi sarà il MSI…
Quando gli americani entrano a Roma il 4 giugno 1944 si presentano a casa di Evola per arrestarlo, segno indubbio della sua “pericolosità”, ma egli riesce a sfuggire all’arresto e – in modo avventuroso – arriva a Verona, nel territorio della RSI. Qui riprende i contatti con i suoi amici tedeschi che condividevano, all’interno del sistema politico nazista, le sue stesse idee sulla battaglia culturale da svolgere parallelamente a quella militare e quindi, dopo poco tempo, si trasferisce a Vienna, dove viene incaricato di studiare i documenti sequestrati alle società segrete, massoneria ed altre, per comprendere meglio i metodi e le finalità di quella che Malinsky e De Poncins chiamarono “La guerra occulta”, che precede e prepara la guerra materiale.
A Vienna, il 21 gennaio 1945, travolto dallo spostamento d’aria di una bomba caduta in una piazza dove sta transitando, Evola subisce quella paralisi alle gambe che durerà fino alla morte. Ed a proposito di questo evento, che ha fatto tanto discutere, de Turris svolge un’approfondita analisi basata sulle circostanze dell’evento bellico, sui diversi soggiorni negli ospedali, sulle analisi mediche, che non solo è molto interessante ma elimina le interpretazioni “magiche” ed esoteriche sull’evento e sulle sue conseguenze. Infine, nel 1948, viene trasportato in Italia a cura della Croce Rossa finendo ad un centro ospedaliero di Bologna alla fine di quell’anno.
Qui inizia la seconda parte della vita di Evola, quello dell’impegno del dopoguerra nonostante la paralisi invalidante alle gambe, perché entra in contatto – tramite Massimo Scaligero – con i giovani “rivoluzionari” del Msi e pubblica il suo primo articolo, intitolato “Coraggio radicale” sul periodico “La sfida” espressione del mondo giovanile diretto da Enzo Erra, e poi su altri dello stesso ambiente. In particolare, nel mese di marzo 1950, sul numero unico “I nostalgici” diretto da Roberto Melchionda, appare un suo “Messaggio alla gioventù” che diverrà il documento programmatico della “Giovane Italia”, l’associazione studentesca del Msi.
In conclusione, il libro di de Turris va letto con interesse ed attenzione, perché è denso di riferimenti alle importanti relazioni nei campi particolari dell’esoterismo e del tradizionalismo che Evola ebbe, in particolare durante quei due anni di guerra in cui si stava preparando il futuro dell’Europa. Il che dimostra che egli non era un isolato, un visionario, un estraneo alla lotta titanica che si svolgeva in quegli anni, il creatore di un “mito incapacitante” come i suoi denigratori lo hanno talvolta descritto ma invece una persona attivamente inserita nelle grandi battaglie politiche e culturali del suo tempo prima e dopo la guerra e partecipe di avvenimenti storici, che non è stata spezzata dall’incidente che lo ha reso parzialmente invalido. La lettura di quest’opera, quindi, ci aiuta meglio a comprendere le motivazioni e le finalità di tutte le azioni culturali e d’influenza politica che Evola ha svolto dal dopoguerra alla sua scomparsa.