L’intellighenzia di sinistra in questi anni ha fatto di tutto per cercare di accreditarsi come tolkieniana, per apparire cultrice fuori tempo massimo di un autore che aveva denigrato e messo ai margini della cultura italiana fin dagli anni settanta. A sinistra J.R.R. Tolkien è stato però studiato poco e con risultati non eccelsi. In questo scenario di pressapochismo si inserisce un articolo pubblicato da Repubblica, dal titolo “Tolkien, quella saga diventata ormai un cantiere infinito”, nel quale viene sminuita in modo sprezzante la figura di Christopher Tolkien, il figlio del professore di Oxford, che sta per pubblicare un volume, basato sempre sulle storie del padre, dal titolo “Beren e Luthien”. Il filo conduttore dell’attacco? Christopher è ritenuto uno sfrontato che continua a riciclare roba del padre. “Interventi spregiudicati”, dice il giornalista, addirittura “autoritari”.
Ebbene, l’obiezione non regge, nonostante l’autore dell’articolo sia un professore di letteratura, Michele Mari, il quale sostiene che la critica accademica delle opere di Tolkien nasce per contrastare le interpretazioni dei fan.
Le critiche deboli
In primo luogo, criticare il ruolo di Christopher Tolkien è una “provocazione”, tipica di chi non conosce né l’opera né la storia familiare del creatore degli Hobbit. Basterebbe infatti leggere le Lettere di J.R.R. Tolkien (che verranno ripubblicate in una nuova edizione italiana a breve) per comprendere che fra padre e figlio intercorreva un rapporto creativo profondo. Il primo critico, lettore e consigliere dell’autore era proprio il figlio, che riceveva addirittura gli scritti del padre mentre era sotto le armi nella Seconda Guerra Mondiale. Christopher ha seguito la mitopoiesi paterna in modo talmente approfondito e partecipe da poter essere considerato un elemento sostanziale della formazione della Terra di Mezzo. E’ tutto nero su bianco, spiegato in centinaia di siti in tutte le lingue, oltre che nella biografia di Tolkien e nell’epistolario. Dunque, l’operazione di riordinamento e riproposizione degli appunti tolkieniani, un lavoro accademico che coinvolge discipline importanti come la filologia (materia che lo stesso Christopher ha studiato ad alti livelli), non può essere fatto da altri che dal figlio stesso.
C’è poi la pietra dello scandalo vera e propria. Il volume su Beren e Lùthien. Questa storia è una delle trame principali della Prima Era ed è un cardine di tutta la vicenda della Terra di Mezzo. Va però sottolineato che la storia d’amore fra questi due personaggi, un uomo e un’elfa, è strettamente legata alla storia d’amore fra Tolkien stesso e la moglie Edith. Fra le due coppie intercorreva un’identificazione potente e di vecchia data, legata al vissuto personale dell’autore.
La storia d’amore
Nel 1917 John e Edith si persero in un bosco. La ragazza si mise a cantare e danzare fra le betulle, per il suo amato. Beren, nella storia narrata fino ad ora solo nel Silmarillion, incontra Lùthien fra le betulle del Neldoreth. La storia d’amore reale fu inizialmente travagliata e così venne trasposta nel racconto. Quando poi Edith morì, sulla sua tomba venne scritto Lùthien, mentre quando il professore morì, sulla sua tomba venne scritto Beren.
Christopher, dando alle stampe un volume dedicato a questo volume, ha celebrato qualcosa di personale ma soprattutto una storia che ha suggestionato tutti i lettori del Mondo di Mezzo. Chi non comprende il lirismo di Beren e Lùthien forse farebbe meglio a non scrivere mai più di Tolkien.
L’ultimo libro in corso pubblicazione, oltre al testo della storia, sarà impreziosito da una serie di illustrazioni artistiche di Alan Lee, uno dei più grandi autori di dipinti a tema fantastico e tolkieniano. Un’opera d’arte immancabile. Nonostante le ostilità antiche di Repubblica…