Parma, 21 maggio 2017. Al Congresso della Lega Nord Matteo Salvini viene incoronato per la seconda volta segretario del partito, dopo la vittoria alle primarie tenutasi il 14 maggio con l’82% dei voti (il suo sfidante Giovanni Fava, fautore della linea anni novanta dell’indipendenza del Nord, ha ottenuto il 17%.).
L’elezione formale per alzata di mano è, da parte dei congressisti, pressoché unanime e la giornata si conclude serena. Prima tuttavia, tra le convinte declamazioni dalla maggior parte dei delegati, che sostengono la linea di Salvini, non sono mancati elettrici interventi di indipendentisti convinti, con applausi e fischi. A conciliare con energia la conduzione della giornata il savoir faire e la concreta progettualità di Zaia e Maroni, governatori rispettivamente di Veneto e Lombardia e promotori del referendum istituzionale che si terrà il 22 ottobre (stessa data della Battaglia di Lissa, con la quale il Veneto perse contro l’esercito regio).
Giorgetti: “Ora sovranità monetaria”
Il compito di saldare passato e futuro della Lega è spettato al presidente del Congresso, l’on. Giancarlo Giorgetti, che ha ribadito il valore dell’autodeterminazione dei popoli come strumento di liberazione come strumento di liberazione dalle burocrazie attuali: “Alla radice dell’Indipendenza c’è l’Autodeterminazione dei Popoli. Dobbiamo riprenderci la sovranità monetaria, uscire dall’euro”. “Salvini – ha aggiunto Giorgetti – sa esattamente dove sia destinata la nave. Ora lui è il comandante, ha la responsabilità di comandare, noi siamo chiamati ciascuno, dal mozzo al timoniere a quello che issa le vele, a fare la nostra parte. A lui la responsabilità del comando della situazione, di capire la rotta, di vedere se ci sia o no burrasca, di utilizzare tuti gli strumenti”.
Il monito ai dissidenti
“Attenzione – ha attaccato Giorgetti – che se inventano la bussola il comandante la deve utilizzare per dirigere la nave. Si dice che la politica sa l’arte di tradurre in possibile ciò che è desiderabile_ l’incarico che oggi noi affidiamo a Matteo Salvini è di tradurre i nostri sogni, che rimangono sempre quelli, in realtà”.
L’intervento di Bossi
Il Senatur Umberto Bossi, ha rinnovato la sua posizione per la “viva causa secessionista”, previa la citazione di due ribellioni storiche, quella dei Germani sotto la guida di Arminio a danno delle tre legioni Varo, a Teotoburgo, il 9 d.C., e quella degli Iceni della regina Budicca nella Britannia degli anni 60 del I sec d. C., (entrambe tuttavia poi vendicate da Roma, la prima da Germanico, la seconda dal generale Paolino): “Se ce la fecero loro, possiamo ancora farcela, ma dobbiamo restare uniti”. Poi la polemica sulle primarie che ha fatto infuriare i salviniani: “Hanno votato in pochi”.
La posizione di Luca Zaia
Il Governatore Luca Zaia ha parlato di falange macedone, di “abbraccio e stritolamento”, di lotta al nemico, poiché “il nemico del nord” dice “è il Nord. Dobbiamo traghettare questa battaglia e fare in modo che tutti i cittadini del nord la pensino da leghisti, in nome delle nostre efficienze, in termini di sanità, agricoltura, operatività”.
Il governatore Roberto Maroni
Ha ribadito la necessità dell’autonomia dal punto fiscale: «Non solo 20 miloni dei 56 che ogni anni vanno a Roma senza tornare indietro: io li voglio tutti e 56».
La chiusura di Salvini
“Accetto i Vaffanculo da Bossi, così come ho imparato ad accettarli da giovane. Ma non li accetto da chi vuol fare Bossi”, ha detto. Poco prima un video introduttivo al suo intervento ha delineato la storia della Lega dalle origini con il senatore Miglio e lo studioso Gilberto Oneto sino alla svolta Salviniana antieuropeista con l’alleanza con i Wilders e le Le Pen. Poco dopo, giusto per chiarire definitivamente la linea più globale e volta alla riconquista della sovranità contro all’egemonia europeista. C’è stato spazio per il videomessaggio dell’alleata d’Oltralpe Marine Le Pen, applaudito dalla maggioranza della platea congressuale.
Il cambio di direzione
Da prima il Nord a “prima gli italiani”: la Lega non cambia lo statuto ma Salvini indica la rotta nazionale al Carroccio, nonostante le resistenze dei bossiani e della minoranza che si riconosce in Giovanni Fava.