Una bolgia incandescente ha celebrato la parata festosa dello Stadium, nell’afosa domenica appena passata che ha sancito, per il sesto anno di fila, scettro, trono e onori ai bianconeri. Allegri eguaglia Conte sui numeri (3 a 3 e palla al centro) e tanto basta: carta canta. La Juve di quest’anno sembra diversa da tutte le altre, e non solo per il cammino che ha portato i soldati a Cardiff. Quest’anno, accanto all’usuale mentalità famelica che rende la zebra un unico grande e più che oliato ingranaggio, l’hanno deciso – e lo devono ancora decidere – i singoli. E le trovate dei capi. Tradizione e innovazione? Vediamo chi e cosa per noi sono stati determinanti per lo scudetto.
Allegri, la normalità straordinaria
Allegri si è preso la rivincita prima di tutto con sé stesso. Normalizzatore ma fuori dalle righe, controrivoluzionario, ha mantenuto intatto l’assetto pur avendolo messo a soqquadro. La difesa a quattro e la variante a tre, la riuscita di Pjanic ai comandi, il gioco sulle fasce e il cinismo dalla trequarti in poi. La Juve non avrà il miglior calcio d’Italia (il sarrismo è pura delizia), ma Max ha capito come funziona il mondo. E come riuscire sempre ad avere la meglio. Per la prima volta ci sono dubbi sul suo futuro: lui ha abbracciato la curva (non l’aveva mai fatto) e Marotta non ha alcuna intenzione di lasciarlo andare. Ma la Champions deciderà molto.
Buffon, Gandalf dai guantoni bianchi
Applaude e ride sornione, da capitano. Piqué lo ha incoronato come il migliore e il candidato perfetto al pallone d’oro. Affronta la soglia dei trentanove da fuscello e guida i suoi. La testa è a Cardiff.
Bonucci, il padre buono
Sul palco dello scudetto, il centrale si è portato pure il figlio che tifa Toro. Un’altra stagione che comprova la sua indispensabilità: regge la linea difensiva e ormai è un play arretrato.
Khedira, la curiosità dell’incursione
Muscoli di cristallo quanto vuoi, ma Khedira era il tassello mancante. Reti decisive, interdizione e tanto fiato: equilibrio garantito. Sempre più vicino alla porta, sempre più uomo del passaggio decisivo eppure bussola nella fase difensiva.
Dani Alves, un libro (non) si giudica mai dalla copertina
Inabissato da insulti nella prima parte della stagione, già cassato come ferrovecchio venuto a svernare, imparagonabile con il Nature boy Alex Sandro. Rinasce nel momento più cupo, rinvigorito e sfrenato. Galoppa, taglia, pressa, suggerisce e diverte la folla, diventando presto icona pop scorrazzante e mettendo le cose in chiaro. Il gol contro il Barça? Tirato fuori dal cilindro che solo Houdini può avere.
Mandzukic, operaio e luddista
Del suo stakanovismo abbiamo parlato tante volte. Il croato è la sorpresa di questa stagione e la maggiore invenzione di Allegri, che ha fatto di necessità virtù, piazzandolo sulla corsia di sinistra. Polmoni e sangue parole d’ordine, pure per i festeggiamenti. Inedito, incerottato e scherzoso, mai così felice, mai così dedito alla causa eppure così distruttivo: crossa, si accentra e segna ancora.
Higuain, il ‘mercenario’ dei giusti
“Novantaquattro milioni per un ultratrentenne mercenario? Roba da pazzi!”, tuonavano in primis i supporter zebrati. Eppure il Pipita spiazza tutti facendo meglio della scorsa stagione. Sarebbe troppo semplice parlare della consacrazione e delle geometrie della Joya Dybala – l’ultima proprio contro il Crotone. Chiamato per fare il salto di qualità e non per essere bandiera, lui esegue il suo dovere, con la perenne espressione di felicità, ma mai davvero di sincerità. Nessuno si può fidare sul serio di Gonzalo, che sa di poter fare affidamento solo su di sé: e allora via con rabbia e prodezze da ogni dove.
Cuadrado, l’asso nella manica
Il dodicesimo uomo della venticinquesima ora. Lasciatecelo dire: senza Cuadrado la Juve non avrebbe vinto. Fresco fresco di riscatto proprio dal Chelsea (20 milioni), provocatore letale e zitto zitto. Entra quando deve, dopo una rapida ripassata sulla sua biografia: “La storia di chi trovava il pertugio, sempre”. Rasoiate e ritmo sudamericano sono l’esotismo e lo svago di cui l’ambiente aveva bisogno. L’arma in più, appunto.