Siamo talmente delusi, per non dire di peggio, dalla “politica”, che ci siamo allontanati disgustati dalla categoria stessa del “Politico”, dimenticandone l’importanza per la vita quotidiana di tutti gli uomini e contribuendo così, con la nostra indifferenza, al peggioramento della società.
Gli interessi economici la fanno da padrone, aiutati dalle gazzarre parlamentari ostili a qualsiasi riflessione che vada oltre gli strilli da talk show o i 140 caratteri di Twitter. Ben venga, quindi, il denso volumetto di Fabrizio Grasso dedicato all’Archeologia del concetto di politico in Carl Schmitt appena pubblicato da Mimesis con prefazione di Luciano Albanese (pp.80 €10).
Nonostante il titolo possa risultare ostico, quella del giovane Grasso –classe 1984- è una analisi molto utile, chiara e fruibile da ogni lettore colto che provi un minimo di interesse per la politica intesa come scienza. Criticando l’interpretazione del pensiero del grande giurista in voga nel nostro Paese da alcuni decenni, la ricerca dell’origine del concetto di “politico” riporta correttamente il pensiero schmittiano nel suo alveo naturale, che è quello cattolico. Colui che si definirà “un autentico Epimeteo cristiano” e che nasce nella minoranza cattolica ancora discriminata dal Kulturkampf statale, o minacciata dal socialismo ateo e rivoluzionario, vede una guida sicura e illuminante nel diritto romano e nella Chiesa di Roma, due pilastri dell’Europa messi contemporaneamente sotto attacco dalla secolarizzazione dell’Occidente. L’epoca del primo cristianesimo è quella più significativa della nostra storia, perché mostra la nascita e lo sviluppo di quello che, “nel suo nucleo essenziale, non è né una morale né una dottrina, né una predica penitenziale, né una religione nel senso della scienza comparata delle religioni, ma un evento storico di infinita, inappropriabile, inoccupabile unicità”. Ecco, dunque, che tutto il lavoro di Schmitt può essere capito solo in una prospettiva fideistica, e nella sua “teologia politica” la Chiesa diventa “la concreta rappresentazione personale di una personalità concreta”. Lungi dalle tentazioni maurrasiane di voler approfittare dell’autorità spirituale per incidere sull’ordine temporale, Schmitt considera il cattolicesimo come l’unico esempio reale e immaginabile di una forma politica originale e particolarissima, la sola che possa legittimamente richiamarsi al concetto di autorità, base ineludibile dell’idea stessa di politico.
Senza sovranità, non può esserci l’ordinamento giuridico, e un ordinamento giuridico come lo stato moderno, nato dalla Riforma e dalla Rivoluzione francese, che rifiuti l’idea di un’autorità metafisica, assume paradossalmente esso stesso carattere metafisico, con un onnipotente legislatore umano al posto dell’ordine naturale creato da Dio. Ma se lo Stato si sostituisce alla Chiesa come produttore di verità, il rischio è che chiunque metta in discussione tale postulato venga immediatamente estromesso dall’idea stessa dell’umanità, e trattato, invece che da avversario da combattere, da nemico da sterminare.
*Archeologia del concetto di politico in Carl Schmitt di Fabrizio Grasso (Mimesis, pp.80 €10)