Macron, a differenza di quanto ci dicono, non ha affatto stravinto. Nonostante una campagna esplicita in suo favore da parte di tutti i poteri francesi e internazionali, ha convinto 20,7 milioni di francesi su 47,5 milioni, meno della metà. Nonostante la chiamata univoca alle armi “contro il pericolo xenofobo” (in un Paese dove i pregiudizi sul Fn sono ancora effettivamente molto forti), ben 10,6 milioni di francesi hanno comunque votato Front National. Nonostante il “pericolo” Le Pen alle porte, l’offerta dei poteri forti è stata giudicata talmente insidiosa che oltre 15 milioni di francesi se ne sono stati a casa. In sintesi, nonostante un’imponente campagna pro-Macron, 26,8 milioni di francesi non lo hanno votato.
Di questi però “solo” 10,6 milioni hanno votato Le Pen. Ai 7,7 mln che già al primo turno avevano votato Fn, se ne sono aggiunti solo altri 3 mln. Considerando che Dupont-Aignan (alleatosi con Marine) aveva ottenuto 1,7 mln di voti, significa che da “fuori” ne sono arrivati solo 1,3 mln. Eppure l’elettorato gollista di Fillon contava 7,2 mln di voti e l’elettorato anti-UE e anti-Macront di Melenchon contava altre 7 milioni di persone.
Spostare la battaglia da ‘Destra VS Sinistra’ a ‘Elite VS Popolo’ non ha funzionato. Il Front National ha rinunciato a dare messaggi forti all’elettorato tradizionalmente di destra considerandolo scontato e dirottando invece verso un tentativo di sfondamento a sinistra, che però si è infranto nel muro – ancora esistente – tra destra e sinistra. L’elettorato di Melenchon, composto in prevalenza da un mix antropologico di centri sociali e radical chic, piuttosto che legittimare la Le Pen ha preferito far vincere l’odiato Macron. Esattamente come in Italia preferirebbero far vincere l’odiato Renzi pur di non legittimare Salvini. Anche perchè Macron, come Renzi, ha potuto contare su una porta aperta dovuta al fatto di spuntare da sinistra.
Grossa parte dell’elettorato di destra ha ripudiato i repubblicani ma non si è spostata a casa Le Pen. Eppure lo sdoganamento è avvenuto ed è stato certificato da Dupont-Aignan. Ma il tentato flirt a sinistra ha fatto dimenticare alla Le Pen di parlare chiaramente a destra: non cavalcando i temi tradizionali di quella base elettorale, non è riuscita a porsi davanti a un elettorato orfano come nuovo solido e affidabile punto di riferimento. Ora la Le Pen ha annunciato il cambio di nome ma Dupont-Aignan pare voler restare per i fatti suoi: il che significa che il cambio pelle del FN potrebbe finire per somigliare più alla trasformazione del MSI in AN che alla costruzione di un grande movimento sovranista-conservatore.
La lezione per l’Italia non è dunque abbandonare il populismo per avvicinarsi al centro bensì non abbandonare la destra per piacere di più alla sinistra. La fortuna del 5 Stelle oggi non è il cavalcare lo slogan “oltre la destra e la sinistra” ma è poter contare sul malcontento della gente nei confronti della vecchia destra e della vecchia sinistra e sul centrismo come unica offerta in campo. Se però a sinistra l’Opa dei grillini è ostacolata dal fatto che anche Renzi ha sfruttato il vuoto intascandosi la categoria “sinistra” per portare subdolamente avanti il suo progetto di centro, a destra la gente continua a invocare chi restituisca una missione, un’etica e un contenuto alla categoria “destra”.
Dopodichè una parte di elettorato di sinistra può effettivamente essere conquistata. Ma per farlo non serve dichiararsi anche di sinistra bensì appropriarsi di battaglie abbandonate dalla sinistra. Perchè i veri interlocutori di Le Pen in Francia o Salvini in Italia non saranno mai Lgbt, centri sociali e radical chic ma identitari, conservatori, sovranisti, cattolici. E tutta quella fetta di popolo che votava sinistra non per ideologia ma per tutela dai poteri forti. E che non ha problemi a cambiare sponda se dall’altra parte c’è chi la tutela per davvero.