“Marine Le Pen ha costruito il suo movimento per tentare la conquista dell’Eliseo, ma il modello lepenista è difficilmente esportabile oltre i confini della Francia”. Marco Gervasoni, docente di Storia contemporanea all’Università del Molise e di Storia comparata dei sistemi politici alla Luiss di Roma, è autore del denso saggio “La Francia in nero”, edito da Marsilio, uno studio prezioso per conoscere, con le presidenziali alle porte (si voterà il 23 aprile), l’originalità del modello nazional-populista transalpino, tra il superamento delle categorie tradizionali, le distanze dalle sensibilità del Msi e l’obiettivo di de-diabolizzare il movimento con stile più istituzionale e rinnovata attenzione alle istanze sociali.
Professor Gervasoni, da dove è partita la sua ricerca sul FN?
“Dalla Rivoluzione francese: nei mesi successivi al 1789 comparve già il termine “extreme droite””.
Il partito nazionalista francese è interpretabile con la dicotomia destra/sinistra?
“Marine Le Pen “denuncia” chi la definisce di estrema destra. La categoria, di contro, non è esauriente. Nel FN ci sono diversi elementi che vengono dalla storia del nazionalismo di estrema destra, contaminati con temi che non appartengono a quella tradizione”.
A cosa si riferisce?
“L’antisemitismo, forte nell’estrema destra, è stato eliminato nella gestione di Marine, che ha rotto con il padre fondatore su questo tema. I frontisti non usano nemmeno la parola “destra”… Anche il rivale Macron rifiuta lo schema destra/sinistra”.
Il Front National si innesta nell’antico filone populista francese.
“La categoria populista è utilizzata ovunque, ma la Francia già nell’800 con il generale Georges Boulanger e successivamente nel anni ‘50 con Pierre Poujade presentava tratti populisti. Jean Marie Le Pen era il braccio destro di Poujade”.
I rapporti tra Msi e Front National?
“Il partito di Almirante guardava con sospetto a Jean-Marie Le Pen. C’è, infatti, differenza tra la tradizione neofascista missina e il nazionalpopulismo frontista. Nel 1979 l’eurodestra lanciata dal Msi ha come referente francese il Parti des forces nouvelles, non i frontisti. Fa sorridere che adesso ci siano forze italiane che si definiscono lepeniste”.
Negli anni novanta ci fu un altro tentativo di modernizzare il FN.
“Ci provò Bruno Megret: voleva creare una destra nuova, superando la nostalgia di Vichy e dell’Algeria francese. Guardava ad Alleanza Nazionale. Con una differenza”.
Quale?
“An voleva una destra nazionale democratica, Megret puntava a una destra etnico-nazionalista con posizioni forti su islam e immigrazione”.
L’attuale cesura con il passato passa dalla marginalizzazione del fondatore?
“Il casus belli è una intervista a “Rivarol”. Jean-Marie Le Pen, fino alla fine degli anni ottanta, non era antisemita. Stava preparando una visita in Israele. Solo dopo ci furono le dichiarazioni negazioniste, usate per radicalizzare il FN che rischiava di essere assorbito dal sistema”.
Operai e non garantiti formano lo zoccolo duro lepenista. Non è però una sorpresa.
“Il fenomeno è riscontrabile fin dagli anni ottanta, quando si andava affermando il “gauchelepenisme”, secondo una definizione di Pascal Perrineau. Il 40% della forza lavoro francese guarda al FN. Non a caso la Le Pen è preoccupata per l’eventuale astensionismo tra le classi popolari”.
Marine Le Pen si avvale di strutture che guardano alle nuove generazioni di francesi musulmani nelle banlieue o alla cultura con il collettivo “Le clic”. Con che strategia?
“Vuole andare al governo, a differenza del padre. Per allargarsi oltre il recinto del partito ha creato una serie di associazioni parallele e vuole anche raccogliere il consenso dell’élite. Ci sono gruppi dove militano anche alti funzionari. Nei fatti non si può governare un paese senza rapporti con l’élite”.
Il “modello Blue Marine” è replicabile in Italia o in Europa?
“No. Ci sono punti di contatto con altre forze politiche europee. Il successo del FN è una reazione all’annacquamento dell’identitarismo transalpino. E’ forgiato sul sistema della V Repubblica, non è esportabile”.
Il FN e la Nouvelle Droite?
“Alain de Benoist ha sempre disprezzato Jean-Marie e Marine. Ma sono visibili ora elementi della Nuova Destra nell’attuale frontismo, a partire dall’antimondialismo su cui il pensatore francese ha scritto molti volumi”.
In politica estera?
“Il FN del fondatore è stato filo-americano fino alla caduta del muro di Berlino ed era anche filo-europeo. Dopo il 1989 è diventato antieuropeista”.
Con Usa e Russia?
“Trump ha preso le distanze dal FN sul Financial Times. Putin l’ha addirittura ricevuta. Non bisogna dimenticare che la Nouvelle Droite guardava addirittura all’eurasismo”.
Marine Le Pen potrebbe staccare tutti nel primo turno. Al ballottaggio?
“I sondaggi solo volatili, è improbabile che possa vincere. Ci sono due fattori da valutare: l’astensionismo che potrebbe giocare al ballottaggio contro Macron ed eventuali eventi esterni, come attentati terroristici che potrebbero polarizzare l’elettorato, spingendolo verso la Le Pen”.
*Pubblicata in forma ridotta su Il Tempo