Dietro il dito accusatore di Gonzalo Higuain c’è la storia recentissima del campionato italiano. Vindice di sogni frustrati e di ambizioni sotto traccia, il centravanti argentino – su cui s’è riversato l’odio dei tifosi delusi – ha lanciato un fulmine che avrebbe fatto stramazzare un toro. Ma non Aurelio de Laurentiis, Masaniello pallonaro che a De Magistris gli fa un baffo.
Ma andiamo con ordine. Ieri sera al San Paolo s’è giocata quella che forse è stata l’ultima partita davvero interessante – nelle premesse – del calcio italiano di questa stagione. Il campo ha mantenuto le promesse, il Napoli ha tentato di lanciare il cuore oltre l’ostacolo, la Juve s’è ritrovata aggrappata all’indomabile Gonzalo Higuain. Il collettivo sarrista contro la voglia di rivalsa dell’ex idolo spernacchiato e (oggi) più odiato della peste che s’è messo sulle spalle una squadra francamente disinteressata a sbancare il San Paolo.
Tant’è. Lo scontro di nervi non lo ha vinto nessuno, forse solo gli innamorati che cercano epica in un rettangolo verde. Agli azzurri non è bastato fare tre gol (anche perché nel primo tempo l’eccessiva tensione ha portato il Napoli a giocare malissimo le sue carte), a Higuain non è servito farne due per vincere davanti ai suoi ex tifosi.
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Però il calcio – che non è fatto di statistiche cervellotiche e a volte davvero eccessive (che senso ha contare i decimali delle percentuali di possesso palla?!?) – vive di gesti e di simboli. Ecco, Gonzalo Higuain è stato, per due partite di seguito, il tradimento incarnato, in scarpette e calzoncini. Era il viceré (di re, a Napoli ce ne sarà sempre e solo uno, Diego) oggi è un mercenario ridimensionato dalla natura extralusso di una Juve naturaliter vincente. Come dissero di Di Canio quando andò alla Juve, ricordate? Da bandiera della Lazio a gagliardetto bianconero.
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Higuain, però, ha convogliato tutta l’energia dei fischi subiti e l’ha rilanciata, con un solo e decisivo gesto, sul grugno di Aurelio de Laurentiis. “È colpa tua!” gli ha urlato. Tutto questo, se lo odiano, se è andato via, se adesso gioca nela Juve e regala dispiaceri ai tifosi. DeLa, per una volta tanto olimpico, non sembra essersi pigliato troppa collera. S’è limitato a bloccare il di lui fratello gongolone su Twitter.
Aurelione sa bene che, sotto sotto, Gonzalo (un po’, non troppo) teneva ragione. Sì, perché Higuain s’era scocciato di vedere una società che non investiva per rendere grande il Napoli. Voleva (e vuole) vincere. Il calcio è uno sport che si gioca in undici e per quanto tu abbia un campionissimo in campo, se il resto della squadra traballa non è che puoi andare troppo lontano. Proprio Napoli è il miglior precedente storico a sostegno di questa tesi. Arrivò Maradona nell’84, ma finché Ferlaino non acquistò Bruno Giordano, Andrea Carnevale, Careca, Alemao, Nando de Napoli e compagnia scalciante, il Ciuccio non poté togliersi nessuna soddisfazione.
A proposito di note maradoniane: i vizi e i lussi costano e vanno gestiti. Maradona fu un grandissimo ma faceva più bizze lui di uno stallone arrabbiato. E nonostante tutto, rimase a Napoli fino al 1991 quando abbandonò la città per le note ragioni. A questo punto la domanda è d’obbligo: con Higuain davvero non si poteva fare di più?
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E’ stato così che Higuain (come Benitez? Come fra un po’ Sarri? Come stava accadendo a Insigne per il mancato rinnovo?) diventò indigesto. E dato che la colpa non è mai nostra ma sempre degli altri e a buttarla in ciaciara si finisce sempre per aver ragione, a De Laurentiis “conviene” fomentare il sentimento dei tifosi a discapito della ragione. Meglio dire che è colpa di Cavour che di un innesto in difesa mancante (Albiol mica può giocare sempre e Chiriches non è all’altezza). Al Napoli – così come alla Lazio, alla Roma (Miralem Pjanic ha subito lo stesso identico trattamento, eh) e in parte alle milanesi – mancano sempre quegli stramaledetti tre soldi (risparmiati sul mercato? raggranellati dalle cessioni importanti dell’estate?) per fare una lira.
Certo, l’addio andava gestito molto ma molto meglio da parte dell’argentino. Non è che puoi passare impunemente da una squadra alla sua più acerrima rivale senza aspettarti una rivoluzione. Tuttavia, allo stato attuale, in Italia l’unica squadra che sembra aver intenzione di vincere in Europa è la Juventus. Per il resto, solo bellissime e affascinanti chiacchiere.