Antonio Razzi e il calcio sono, attualmente, le cose che legano l’Italia alla lontana Corea del Nord di Kim Jong-Un (della sua infatuazione per il pallone e del suo piano di sfornare nuovi soldatini più forti di Messi abbiamo già parlato).
A dirla tutta, il filo rosso del pallone unisce – o separa – Italiani e Nordcoreani da molto tempo: tutto cominciò con il caporale e (finto) dentista Pak Doo-Ik, beniamino che eliminò gli Azzurri nel Mondiale inglese del ’66, entrando di diritto nel Pantheon delle icone nazionali e occidentali (e chi se lo scorda?).
Sono passati più di cinquant’anni ma il freddo vento d’Oriente soffia ancora e ogni tanto arriva anche qui. Parlando sempre il linguaggio del football. Il Cagliari versione Compagnia delle Indie, infatti, sembra essersi accaparrato, qualche settimana fa, un pezzo pregiato: alla corte di Rastelli è infatti arrivato Han Kwang Song, versatile centravanti classe 1998, cinicamente strappato ai mercanti olandesi dell’Ajax.
Dopo aver lasciato tutti a bocca aperta con una sforbiciata alla Holly e Benji al Torneo di Viareggio, il predestinato – emblema della necessità che si fa virtù vista l’ecatombe cagliaritana – è stato convocato in prima squadra nella partita contro la Lazio, e ha esordito ieri contro il Palermo. Sostituendo, negli ultimi cinque minuti, l’idolo Sau e diventando il primo nordcoreano della storia ad aver giocato in uno dei cinque campionati “che contano“. Corsa e volontà non mancano.
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“Han ha fiuto del gol, vede la porta, dribbla e tira in un fazzoletto”, così parlò Rastelli. Forse questa volta la Corea ci ha impacchettato un regalo.