Gli scontri che hanno avuto luogo sabato a Napoli, le manifestazioni contrapposte del leader della Lega, Matteo Salvini, e della compagnia di giro di Luigi de Magistris, con tutto il corollario costituito dalle due settimane di sceneggiata permanente, dedicata all’imminente comizio in programma alla Mostra d’Oltremare, sono la plastica rappresentazione di ciò che oggi è diventata la capitale del Mezzogiorno: territorio di razzia e di scorrerie, preda di avventurieri della politica senza il minimo retroterra ideologico e sociale.
L’ampio commento pubblicato oggi sul Corriere della Sera di Marco Demarco, che vede nello scontro tra l’europarlamentare milanese ed il sindaco napoletano, il sorgere di un conflitto tra “nordisti” e “sudisti”, coglie forse lo spirito del tempo, ma non la realtà dei fatti in oggetto. Li nobilita troppo sotto il profilo della visione strategica.
Che esista nel tessuto economico-sociale italiano una divaricazione sempre meno colmabile tra un nord ricco e produttivo ed un sud incapace di dare peso e voce ai propri interessi è una realtà di fatto, di cui i cittadini meridionali sono sempre più consapevoli. Una consapevolezza che, tuttavia, non riesce a trovare un veicolo attraverso il quale esprimersi politicamente ed infatti si rifugia in un ampio astensionismo che nemmeno il populismo grillino riesce ad intercettare fino in fondo.
E’ improbabile che Salvini abbia le caratteristiche per raccogliere un consenso consistente al di sotto di Roma. Ieri era alla ricerca di visibilità e grazie al sindaco arancione ne ha avuta assai più di quanto si aspettasse, ma la raccolta avverrà soprattutto nel centro-nord.
De Magistris, che ha un innato istinto politico, da parte sua, ha da tempo fiutato l’aria e cerca di cavalcare la tigre della frustrazione meridionale. Egli, però, non è un novello Crocco, come suggerisce l’editorialista del Corriere. Non ha il retroterra ideale e culturale per incarnare un progetto identitario meridionale. Fondamentalmente non ne ha nessuno, a parte la sua ambizione personale. Anche i quadri politici che lo circondano, più o meno collegati alla sinistra antagonista (ma ci sono anche vari post-democristiani) non hanno le caratteristiche per incarnare un simile percorso. Tutt’altro. Come il più classico apprendista stregone il primo cittadino arancione vedrà ritorcersi come un boomerang il suo atteggiamento da Masaniello, condito da insipienza amministrativa. Gli scontri di Fuorigrotta sono solo la prima avvisaglia.
Resta una città umiliata e messa alla berlina, alla mercè di opportunisti che costruiscono le loro carriere sulla pelle dei napoletani, che potrà riscattarsi dalla decadenza in cui versa ormai da anni solo se saprà riprendere il suo destino nelle proprie mani.