14 febbraio 1972. Muore a Madrid a quasi 80 anni l’anarchico Melchor Rodríguez García.
Al suo funerale, in una Spagna ancora franchista (Franco morirà nel 1975) partecipano anarchici e falangisti. Il feretro è coperto dalla bandiera rossa e nera dell’Anarchia e i partecipanti possono cantare liberamente l’inno degli anarchici spagnoli “A las barricadas”.
Melchor era stato uno dei punti di riferimento del movimento anarchico spagnolo. Nato in un famiglia poverissima della periferia di Siviglia e rimasto presto anche orfano di padre, si adattò a fare vari lavori come il falegname e il calderaio prima di diventare torero per un certo periodo della sua giovinezza fino a quando non rimase gravemente ferito nell’arena nel 1918. Tornato al lavoro, si iscrisse alla Confederación Nacional del Trebajo, l’anarchica CNT nella quale divenne Segretario del sindacato dei carrozzieri. Quando la CNT fu vietata nel 1920, si iscrisse alla socialista Unión General de Trabajadores dove conobbe i maggiori leader socialisti, Idalencio Prieto e Largo Caballero.
I suoi incarichi e le sue responsabilità nel movimento anarchico spagnolo andarono rapidamente crescendo.
Nel 1932 ricevette l’incarico di organizzare gli aiuti ai detenuti anarchici nelle carceri della Repubblica.
Lui stesso finì in prigione più volte, sia nel periodo monarchico che in quello repubblicano.
Durante la Guerra civile, nel novembre 1936, il Governo del Fronte Popolare decise di affidargli l’incarico di Ispettore generale delle carceri della Repubblica.
Decisione presa in seguito al montare delle proteste internazionali a causa delle stragi commesse da miliziani nelle prigioni che erano sotto il controllo del comunista Santiago Carrillo.
Il fatto più clamoroso era avvenuto nei pressi di Madrid, a Paracuellos dove in poco più di un mese erano state fucilate e sepolte in fosse comuni migliaia di persone (le cifre sono tuttora contrastanti, si va da 3.000 a 12.000), tra le quali molti nomi noti nel mondo della cultura; vittime la cui sola colpa era di far parte di famiglie di medici o di avvocati o di essere cattolici. Ricevuti i pieni poteri dal Governo, Malchor Rodríguez rimosse immediatamente Carrillo e intervenne a bloccare l’uso consueto di prelevare dalle carceri della Repubblica gruppi di disgraziati per poi sopprimerli da parte di bande di miliziani.
Dove le resistenze dei massacratori erano insormontabili, faceva intervenire una squadra, “Los Libertos”, che provvedeva a mettere al sicuro chi rischiava la morte, trovandogli ospitalità presso legazioni diplomatiche come quella finlandese o in palazzi sicuri controllati dai suoi uomini se non addirittura accompagnandoli personalmente fino al confine francese.
Per questa sua attività ricevette minacce di morte e fu accusato di essere un “traditore”.
L’8 dicembre 1936, in seguito al bombardamento dell’aeroporto di Alcala de Henares, alcune centinaia di miliziani infuriati assaltarono il carcere con l’intento di entrare nelle celle e giustiziare i prigionieri.
Armi alla mano, Melchor Rodríguez fermò gli assalitori : “Prima di uccidere uno solo di questi prigionieri dovrete passare su di me!”. 1.532 furono i salvati in quel giorno, tra essi alcuni dirigenti falangisti come Raimundo Fernández-Cuesta, Miguel Primo de Rivera, fratello del fondatore della Falange, Agustín Muñoz Grandes futuro comandante della Division “Azul” che combatterà in URSS, lo scrittore Luca de Tena e Blas Piñar.
Riuscì a smantellare anche un sistema di carceri private controllate da membri del Partito Comunista.
Ma quello che fu definito da molti “El Angel rojo” (l’angelo rosso), su pressioni del PCE, fu destituito il 1 marzo 1937 e gli fu affidato l’incarico della gestione dei….. cimiteri.
Probabilmente per metterlo al sicuro, il Comitato Nazionale del Movimento Libertario (MLE) lo inviò in Francia.
Tornò a Madrid verso la fine della Guerra civile. Ai primi di marzo del 1939, per giorni a Madrid si affrontarono sanguinosamente comunisti e anarchici. Sbaragliati i primi, a Melchor Rodríguez fu affidato l’incarico di sindaco (alcalde) della capitale.
Con le armate “nazionali” ormai alle porte, l'”angelo rosso” si rifiutò di fuggire e per decisione comune fu incaricato del trapasso dei poteri ai vincitori il 28 marzo 1939.
Vincitori franchisti che lo stesso anno lo processarono e condannarono a morte. Il Generale Agustín Muñoz Grandes intervenne con le firme di migliaia di persone salvate dal condannato e riuscì ad ottenere per lui una condanna 20 anni.
Fu posto in libertà provvisoria nel 1944.
L’ultimo omaggio all’uomo che aveva affermato “Se puede morir por las ideas, pero nunca matar por ella”, lo resero assieme gli sconfitti, anarchici e falangisti. (da Effemeridi del Giorno, gruppo FB)