
Essendo nato nel 1928 a La Trinité-sur-Mer in Bretagna, Jean-Marie Le Pen è senza dubbio il decano dei politici nazionalisti e populisti d’Europa. Gli ultimi anni della sua lunghissima vita politica, iniziata negli anni ’50 del secolo scorso, sono stati piuttosto travagliati. Sia a causa di discutibilissimi processi politici per affermazioni e semplici battute, sferrati quindi contro quella Liberté di espressione di cui la Francia va fiera fin dal 1789, sia per cause interne al suo movimento. Il Front National, da lui fondato nel 1972 ad imitazione del Movimento sociale italiano (e con lo stesso simbolo della fiamma tricolore) e ora presieduto dalla figlia Marine (1968), lo ha infatti escluso dalla “presidenza d’onore” del partito. Il che ha causato processi, a più riprese, del padre Jean-Marie contro il bureau politique guidato dalla figlia Marine. In ogni caso, il patriarca dei Le Pen resta a tutt’oggi un deputato europeo di lunghissimo corso, un politico navigato ed esperto, ed anche, il che è meno noto, un intellettuale profondo, fine commentatore dell’attualità.
Sul suo blog infatti, da vari anni, Le Pen pubblica settimanalmente delle brevi interviste video (dette Giornali di bordo e arrivati al numero 462), in cui risponde liberamente a questioni politiche francesi e internazionali, commenta i vari libri che ha modo di leggere e da alcuni mesi diffonde il suo proprio movimento, i “Comités Jeanne”, ovvero i Comitati Giovanna (d’Arco). La devozione dei francesi, cattolici e non, verso la Pulzella d’Orléans è nota, e fu proprio Jean-Marie a introdurre molti anni fa, in occasione della festa del lavoro del primo maggio, un corteo-comizio dedicato alla Santa della patria (celebrata liturgicamente l’8 maggio di ogni anno). Recentemente però il Front national guidato da Marine ha soppresso il ricordo di Giovanna d’Arco dalla laica festa del Lavoro, giudicato poco in sintonia con la sua opera di modernizzazione del partito. In ogni caso il risultati del Front sono stati ultimamente così rosei, dal punto di vista elettorale, che nessuno ormai dubita della presenza di Marine Le Pen al secondo turno delle presidenziali in Francia: che sia contro Fillon, Macron, Hamon o chiunque altro.
E Jean-Marie? Per nulla chiuso in una torre d’avorio, l’ottantottenne bretone gira la Francia per presiedere le riunioni e i meeting dei suoi Comitati, sorti un po’ ovunque a seguito della sua marginalizzazione politica, in seno al neo-FN. In ogni caso, Le Pen non vuole sabotare il voto verso Marine, ma vuole creare ed ha già creato una fitta rete di gruppi che se vogliamo si collocano nella logica del nazionalismo integrale, senza cedimenti ideologici con il sistema repubblicano francese (incarnati in questi anni dal braccio destro, pardon sinistro, di Marine, Florian Philippot).
Vari gruppi cattolici o comunque conservatori e identitari, ma anche dell’ambiente della cosiddetta “dissidenza” (come gli intellettuali Alain Soral e Daniel Conversano, l’umorista Dieudonné, il segretario di Civitas Alain Escada etc.), sono inclini a sostenere la linea “jeanmariste” piuttosto che la linea aperta e modernista di Marine.
Pochi giorni fa, Jean Marie, nell’ottica di pesare sui suoi numerosi simpatizzanti e fan sul web, ed anche di spingere gli stessi membri del Front ad una politica meno compromissoria e più barricadera, ha pubblicato la “Carta dei valori dei Comitati Giovanna d’Arco”.
In essa, vi figurano tutte le richieste dei populisti europei o americani in genere, più alcuni dei tipici tratti del nazionalismo “à la française”. La Carta è in effetti un manifesto-programma in 20 punti, su cui si invitano a convergere tutti i patrioti, non riducibili al partito di Marine, ma che si trovano sia alla sua sinistra (tra alcuni dei Républicains e dei fillonisti) sia alla sua destra, specie in autori difficilmente classificabili ma che da anni e anni lottano contro l’immigrazione di massa (che in Francia è, annualmente, oltre il triplo di quella presente in Italia) sia contro l’islamizzazione crescente (a base di attentati, ma anche di mense hallal nelle scuole di stato, soppressione dei simboli cristiani dagli uffici pubblici, ghettizzazione delle periferie a suon di velo integrale, etc.).
I numeri dal 2 al 5 della Carta chiedono al futuro presidente francese e alla sua maggioranza di abolire il diritto d’asilo, lo ius soli (e di ritornare al più tradizionale e meno equivoco ius sanguinis: è francese chi nasce da almeno un genitore francese), il ricongiungimento familiare (in base al quale un immigrato che ha avuto il permesso di residenza in Francia ha il diritto di far venire i suoi cari in patria) e la doppia nazionalità (che serve a molti franco-magrebini per condurre una sorta di doppia vita, un po’ di qua e un po’ di là del Mediterraneo in base alle evenienze e alle convenienze…). Tutte misure di buon senso, specie ora che la stabilità sociale non è più assicurata.
Il numero 10 chiede la reintroduzione della pena di morte per i reati più gravi (come gli attentati terroristici). Il numero 11 chiede la totale libertà di espressione con la soppressione di tutte le leggi che la conculcano (leggi Pleven, Gayssot, etc.). La Francia è forse il paese occidentale in cui vi è la più forte restrizione alla libertà di parola e di pensiero, in nome del politicamente corretto, e questo ovviamente penalizza chi è impedito a denunciare i veri problemi sociali, condannato assurdamente per razzismo o islamofobia. Tra poco sarà persino vietato indurre una donna a rifiutare di abortire, il che è giudicato come un “entrave” cioè impedimento al diritto di aborto. La libertà di pensiero e di espressione, tradizionalmente associata alle battaglie laiche e progressiste, è oggi una bandiera dei conservatori! In effetti, la morale democratica a geometria variabile, un tempo fondata sulla libertà senza limiti, oggi viene ristretta sempre più, in nome delle minoranze e del rispetto. Prima si fa passare una legge sulle unioni civili, poi si scivola sulle nozze gay (con adozione), poi si giustifica una legge contro l’omofobia. E il gioco è fatto. Ma se neppure si può criticare l’omosessualità, il che è diventato reato più o meno ovunque, come si fa a dire che i cittadini sono uguali davanti alla legge? Mah!
Quando vince la sinistra, la democrazia è un totem. Se vince per errore Trump o Berlusconi, essa è un tabù…
Gli ultimi punti del manifesto lepenista sono per una politica natalista e in favore del recupero dell’identità francese e della preferenza nazionale, con la richiesta esplicita di introdurre nelle scuole una storia patriottica della Francia, la quale non inizia con la controversa rivoluzione del 1789, ma semmai con il battesimo di Clodoveo (498 d. C.). Si chiede anche una revisione della legge sull’aborto e sui matrimoni gay, in senso restrittivo, come primo passo per restaurare il valore naturale e sacro del matrimonio tradizionale.
*da Campari&deMaistre.com