La battaglia del grano è stata persa tanti anni or sono. Ma l’Italia riesce a peggiorare quotidianamente anche nel settore alimentare, quello considerato trainante per l’economia ed anche per l’immagine del Paese. Il Ceta – l’accordo tra Ue e Canada che porterà una infinità di problemi all’economia italiana, a partire da quella agricola – è appena stato siglato, ma per il grano italiano la crisi è iniziata da tempo. Per Coldiretti si sono già persi 100mila ettari coltivati a grano, ma la concorrenza del Canada (che è il primo esportatore in Italia) si farà ulteriormente sentire, con il rischio di spazzar via un intero settore.
E non va meglio sul fronte del riso, con un incremento delle importazioni dal Vietnam del 489% mentre dalla Thailandia è arrivato il 46% di grano in più. Tra l’altro queste importazioni hanno fatto scattare 12 allerte sanitarie da contaminazione. Così non solo rischiamo di distruggere un comparto agricolo, ma mettiamo anche a rischio la salute.
I globalisti in servizio permanente effettivo saranno soddisfatti. La regola è semplice: si distruggono le coltivazioni dove costano di più e si importa da dove costa meno. Ma grano e riso non sono magliette di cotone. Sono prodotti alla base dell’alimentazione, con costi contenuti. E se si può rinunciare alla maglietta di cotone, non si può rinunciare ad alimentarsi. Non è solo in gioco la tradizione alimentare italiana, che fa parte della cultura di un popolo. E se non si può essere del tutto indipendenti sotto l’aspetto dell’approvvigionamento di prodotti tradizionali come pasta e riso, resta comunque fondamentale poter disporre di una produzione comunque consistente. Per calmierare i prezzi, impedendo che le multinazionali spazzino via i produttori italiani con una politica di dumping e poi aumentino a dismisura i prezzi una volta eliminata la concorrenza. Le tensioni internazionali sui prezzi del grano sono la dimostrazione di quanto si tratti di un prodotto fondamentale. Lo capiscono tutti, tranne l’Ue. Che non capisce neppure l’importanza del riso. Tutto da spazzare via, in nome della libera concorrenza globalizzata. D’altronde il “compagno” Oscar Farinetti, il creatore di Eataly, ha chiarito che a lui non piace la pasta ottenuta con grano italiano. E se Farinetti impone gli spaghetti alla canadese, gli euroburocrati si devono adeguare.