Vedevo ieri sui giornaloni pagine sdegnate su Raggi e la Patata e un trafiletto invisibile sul disgustoso tweet di Asia Argento contro la “fascio-lardosa” Giorgia Meloni, colpevole di maternità e di mangiare in un ristorante.
Se si trattasse di un episodio a sé potremmo liquidarlo con una battuta schifata su Asia Argento, figlia dell’horror in versione “Profondo rozzo”, per parafrasare un famoso film del padre. Ma il fatto è ben più grave.
Quel tweet fa parte di una grammatica del disprezzo che circola da tempo e che ora riparte con violenza da quando Trump ha vinto in America e Marine Lepen può vincere in Francia. Ieri da disprezzare erano i berlusconiani che per alcuni anni hanno conteso il primato del disprezzo ai fascisti o presunti tali. Immaginate che disprezzo raccoglieva chi veniva reputato insieme fascista e berlusconiano.
Ora si riparte con l’odio. Alla grande. I progressisti radical-choc s’indignano per il teppismo della rete grillina, sguaiata e velenosa verso chi non è con loro, l’Esercito della Salvezza, e deplorano le fake news, le dicerie, le post-verità di cui si nutrono. Ma non si rendono conto che quella volgarità deriva dalla loro ipocrisia sinistra, dal loro odio sottotraccia, anzi peggio dal loro razzismo antropologico verso chi è dall’altra parte.
Maiali trumpiani, lardose meloni o lepen… È il sottinteso di tanta campagna d’odio e disinformazione. Per carità, sulla trivialità non scherza neanche il mondo leghista-berluscoide (assai meno la destra). Ma a sinistra c’è una linea di continuità tra le avanguardie d’Asia che eruttano volgarità e le retroguardie che affollano media e giornaloni e mettono in piedi macchine del fango, dell’oblio e della manipolazione per sporcare gli avversari, per cancellare chi non la pensa come loro o le storie che a loro non fanno comodo e per distorcere parole, gesti e fatti di chi hanno deciso di affossare.
Le post-verità sono figlie delle pre-falsità, cioè le falsità pregiudiziali delle fabbriche d’opinione. E i tweet d’Argento sono figli del razzismo che sprizza da tutti i loro pori mediatici.