Purtroppo sono anziano, in generale e del mestiere. Quello che vedo e leggo riesce ancora a divertirmi, spesso a esaltarmi, ma non stupirmi. Soprattutto la facilità con cui si passa da un estremo all’altro, il reato più diffuso in Italia, insieme con il millantato credito. Tutto dura lo spazio di un corner, di una partita, una settimana al massimo, quando non c’è qualche Coppa di mezzo. Subito dopo la sconfitta con la Fiorentina, Massimiliano Allegri aveva sbagliato tutto, a fine stagione avrebbe lasciato la Juventus (torna spesso questo ritornello), c’era un caso Dybala aperto sul tavolo (con il Real Madrid a farsi sotto), ed era evidente la crisi della squadra “pentacampeao”. Ieri si celebrava la “lezione di Allegri” che ha schierato una formazione ultra offensiva con Pjanic, Cuadrado, Mandzukic, Dybala e Higuain. Ma, naturalmente, il massimo lo si tocca con la rilettura del campionato dell’Inter: “Se Pioli fosse stato in panchina fin dall’inizio l’Inter avrebbe 51 punti”. La classifica postdatata un divertissement tra i più classici: la si imbandisce senza rigori, con i rigori, con i gol di questo, senza i gol di quello, con l’arrivo di quell’allenatore in panchina, con l’esonero di quell’altro.
Io credo che, sia in campo, cioè per come vengono sistemate le squadre dagli allenatori, sia nei comportamenti, di tutti i componenti dell’ambiente sportivo (dai giocatori ai tifosi) e qui specificatamente del calcio, sia nei commenti dei media, il vero obbiettivo da raggiungere sia l’equilibrio.
L’esito di una partita in casa positiva, certo, ma decisa in un quarto d’ora e nel fortino dello Stadium (27esima vittoria consecutiva), non è certo testimonianza probante della possibilità di replicare questo schieramento fuori dalle mura amiche o in Europa, nella campagna di Champions che riprenderà a febbraio con il Porto. Certo, non è impossibile. La storia è piena di grandi prestazioni, perfino di partite leggendarie con squadre apparentemente sbilanciate. Nella semifinale di Dortmund contro la Germania, nel Mondiale 2006, Marcello Lippi chiuse la partita con Del Piero, Totti, Iaquinta e Gilardino in campo. Ma il segreto di quella straordinaria avventura calcistica era la solidità, tattica, tecnica e mentale, del gruppo che il commissario tecnico aveva cementato. Poteva sopportare tutto, perfino uno sbilanciamento così evidente dopo 120 stressanti minuti.
Filotto dell’Inter
L’altro aspetto della giornata è la sesta vittoria consecutiva dell’Inter che si affaccia di prepotenza sulla zona Champions. Domenica con il Pescara in casa è presumibile che arrivi la settima, poi il 5 febbraio la trasferta allo Stadium sarà fondamentale per capire quanto la riforma di Pioli sia autenticamente rivoluzionaria. Sicuramente il tecnico di Parma sta valorizzando al meglio le risorse a disposizione. Risorse non indifferenti. A parte il rampante Gagliardini, però, questa squadra aveva gli stessi valori anche sotto De Boer. Sicuramente il progetto del tecnico olandese non era ben puntellato, molti gli ostacoli sul suo cammino, a cominciare da lingua e mentalità. Ma, pur fallendo, come hanno intuito anche i tifosi, era il meno colpevole. L’olandese non è riuscito a volare, ma non ha lesinato l’impegno (anche nel presentarsi in video con il suo italiano imparato in fretta). Molto più responsabili sono stati società e giocatori. Soprattutto questi, più ondivaghi dei nostri facili giudizi e raramente disponibili a dare una mano a un tecnico in difficoltà. E Pioli è il primo a saperlo.(da la Gazzetta di Parma)