“E’ l’ora dei fuochi e non si deve vedere altro che luce”. La ribellione di José Martí, poeta rivoluzionario cubano, è già di per sé un buon auspicio per l’anno appena iniziato. Custodire il fuoco, come ci invitano a fare le sorelle Silvia e Anna K Valerio citando Martí in una delle tante gemme disseminate lungo il loro romanzo, “Non ci sono innocenti”. I fuochi, nel mondo e soprattutto nella società occidentale, per fortuna non mancano. Incendi scoppiano ovunque, tra le tenebre che avvolgono quella che Heidegger chiamava la “notte del mondo”. Sono le fiamme della realtà, che – più per autocombustione che per una precisa strategia – s’accendono al di là di ogni narrazione e orwelliane definizioni di post-verità, coniate spesso da chi ha fatto della mistificazione e dell’addomesticamento del reale un’autentica missione.
E’ l’ora dei fuochi, che spesso bruciano i potenti. E’ accaduto nella fortezza del capitalismo transnazionale e finanziario, gli Stati Uniti d’America, dove il popolo – ovviamente rozzo e ignorante – ha archiviato la fallita speranza obamiana scegliendo il male minore di Trump. E se è presto per giudicare cosa farà il ciuffo d’oro dello studio ovale, più interessante è notare come la rivolta delle masse contro le elite brucia nella roccaforte del Medesimo. Un processo che, dalla Brexit al voto austriaco, passando per il referendum italiano e le venture elezioni in Francia, Olanda e Germania, sembra destinato a non arrestarsi. Vince chi invoca il cambiamento ed è più coerente a interpretarlo. Ma al di là degli esiti elettorali, la nuova dicotomia che definisce l’Occidente si afferma e non ammette sindrome da torcicollo né esaltazioni acritiche: basso contro alto, popolo contro elite, esclusi e precari contro privilegiati e garantiti.
E’ l’ora dei fuochi che riscaldano Aleppo, simbolo della storia che non si arrende a considerarsi finita. Aleppo liberata – ché così sarebbe stata definita, se solo a interpretare i “buoni” in commedia non ci fossero stati il “cattivo” Assad e i suoi tremendi alleati russi, iraniani, libanesi – è l’emblema di un meccanismo che, dopo Afghanistan, Iraq e Libia, si inceppa, rendendo manifesta la crisi di una conduzione unipolare del mondo e aprendo la strada a uno scenario in cui l’arroganza trova un limite, concetto ferocemente combattuto nel sabba della modernità.
I fuochi avanzano, sotto le forme eterogenee dei “populismi” che incanalano, spesso con disordine e approssimazione, l’istinto naturale di ribellione di larga parte degli occidentali. Il rischio è che la tecnologia porti a compimento quella mutazione antropologica finalizzata a sterilizzare i popoli europei. L’ombra della sostituzione – che non è solo fenomeno demografico ed etnico ma progetto capillare di livellamento delle differenze, di costruzione di un nuovo tipo umano svuotato di ogni identità ma iper-connesso, riempito di qualsivoglia bisogno indotto, sempre più solo e senza radici – quell’ombra, non è mai stata cupa come oggi.
Come i fuochi possano ardere, riscaldando e non bruciando, è la sfida del nuovo anno e dei prossimi che verranno. In Italia il quadro politico è tanto desolante quanto incoraggiante è invece il fermento culturale che anima l’area di chi non s’arrende, inimmaginabile fino a qualche anno fa. Il blocco sociale cui far riferimento per invertire la rotta esiste e non è mai stato affollato come adesso: i “perdenti della globalizzazione”, che in massa votano Lega, Fratelli d’Italia e Movimento Cinquestelle, sono maggioranza nel Paese, complice l’impoverimento e la precarizzazione di gran parte di quella che un tempo si sarebbe chiamata classe media. Le periferie si ingrossano e avanzano, assediando le cittadelle finanziarie e mediatiche del privilegio. Interpretare la realtà, squarciare il velo delle ipocrisie progressiste, combattere ogni narrazione d’accatto e post-verità servendosi dei tanti avamposti culturali che spesso predicano nel deserto. Sono queste le priorità per chi voglia costruire un’area politica identitaria e sovranista che sappia caricarsi sulle spalle la sfida epocale che ci attende: trasformare i fuochi in luce.