Per la prima volta dopo cinque anni di guerra, oltre 400mila morti e milioni di profughi la Siria e il suo popolo intravedono una tregua, in passato più volte annunciata e mai rispettata. Russia e Turchia hanno concordato un piano per un cessate il fuoco a partire da mezzanotte in tutta la Siria. L’annuncio è stato preceduto da alcune mosse: i ministri degli Esteri russo e turco, Sergei Lavrov e Mevlut Cavusoglu, hanno avuto due colloqui telefonici tra ieri e lunedì, che hanno fatto seguito alla riunione della scorsa settimana a Mosca alla quale ha preso parte anche l’iraniano Javad Zarif.
Dal cessate il fuoco sono escluse le organizzazioni terroristiche come lo Stato Islamico. Non è ancora chiaro quindi cosa accadrà delle milizie jihadiste affiliate ad Al Qaida concentrate a Idlib. Secondo l’agenzia turca Anadolu, Ankara e Mosca hanno raggiunto l’intesa con il governo di Damasco e i gruppi di opposizione.
Se l’accordo reggerà, il regime e l’opposizione cominceranno tra un mese i negoziati politici ad Astana, la capitale del Kazakhstan, sotto la tutela di Turchia e Russia. Non è ancora definito quale sarà il ruolo dell’Iran sciita, alleato storico di Damasco, che comunque nei giorni scorsi aveva partecipato alle trattative e attraverso questa intesa ottiene il consenso da parte di una grande potenza sunnita come la Turchia al mantenimento di Assad al potere.
L’intervento in campo della Russia del 30 settembre 2015 si sta rivelando decisivo. Molti sono i risvolti di questa intesa che naturalmente dovrà reggere alla prova dei fatti. In primo luogo la Turchia, Paese membro della Nato, ha completamente ribaltato la sua politica siriana: dopo esseri scontrata con Mosca per l’abbattimento del caccia Sukhoi nel novembre 2015, ha dovuto arrivare un accordo con Mosca che insieme alle truppe di Damasco e alle milizie sciite ha preso Aleppo mettendo a segno una conquista strategica dopo avere insediato basi militari in Siria.
Per cinque anni Erdogan aveva sostenuto insieme alla monarchie del Golfo e agli Stati Uniti che Assad se ne doveva andare, appoggiando le milizie jihadiste e lasciando che l’Isis attaccasse le truppe dei curdi siriani osteggiati da Ankara. Ora Erdogan, cui sicuramente non manca la faccia tosta, attacca gli Usa affermando di avere le prove che la coalizione a guida Usa ha fornito sostegno a gruppi terroristi in Siria tra i quali l’Isis.
Siamo quindi di fronte a un’intesa della Turchia con la Russia che può avere riflessi importanti non solo sulla questione siriana ma più in generale sul posizionamento occidentale in Medio Oriente. La Turchia è un Paese della Nato che dopo il fallito colpo di stato del 15 luglio scorso è sempre più in rotta di collisione con Washington cui ha anche chiesto l’estradizione dagli Usa dell’Imam Fethullah Gulen, ritenuto da Erdogan il responsabile del golpe ed è stato indicato come ispiratore dell’assassino dell’ambasciatore russo Karlov ad Ankara.
Gli Stati Uniti, che oggi con il segretario di stato John Kerry presentano un piano per rilanciare il processo di pace israelo-palestinese, sono stati tagliati fuori, così come le potenze europee e le stesse Nazioni Unite.
Putin ha offerto a Erdogan via libera contro i curdi, alcuni vantaggi economici e in cambio ha ottenuto dalla Turchia la rinuncia ad abbattere Assad e il consenso all’integrità territoriale della Siria.
Gli ostacoli a una tregua sono rappresentati da alcuni gruppi politici dell’opposizione e della guerriglia e dalla realtà dei fatti: in ogni caso la guerra al Califfato continuerà a Raqqa e in altre zone della Siria. Il cessate il fuoco non significa quindi la fine del conflitto siriano ma il tentativo della Russia con la Turchia di congelare la guerra in alcune zone strategiche sulla direttiva Aleppo-Damasco, La verifica sul campo avverrà nel momento in cui si dovranno evitare altre tragedie umanitarie e portare soccorso ai civili.