Un lunedì d’estate a Nizza. E’ il 19 luglio del 1976. I dipendenti della filiale della Société Génerale, la banca che si paragona a Fort Knox, trovano il sottosopra e allertano il direttore. Il contenuto di centinaia di cassette di sicurezza, forzate. Tutto è in un unico manicomio di tanfo e d’immondizia: resti di cibo, feci spalmate dappertutto e perfino una zuppiera d’argento, piena di pipì. Appiccicate al muro le foto di noti personaggi della buona società della Costa azzurra colti in scatti porno.
Sulla parete del caveau dal quale ha soffiato gioielli, lingotti e contante per una cifra di 50 milioni di franchi (30 milioni di euro, oggi), Albert Spaggiari – Bert per gli amici – ha scritto: “Senza odio, senza violenza e senza armi”. Le fogne, a Nizza, sono una città sotto la città. I malviventi le hanno percorse per circa tre chilometri in mezzo a liquami e detriti di ogni genere. Hanno rifatto lo stesso percorso a ritroso, col bottino sulle spalle, carichi come muli, con un tubo che scarica merda sulle loro teste. Inseguiti più che dalle guardie, da torme di topi. “Non ho ancora capito se sono un tipo geniale o un coglione” dirà Spaggiari in un’intervista rilasciata a Bernard Pivot, durante la latitanza, per la trasmissione televisiva “Apostrophes”.
Un irrecuperabile, Bert. Così lo definisce lo scrittore Marc-Eduard Nabe. Ed è, infatti, un gaglioffo sempre in fuga dalla noia. Il padre Richard fa il muratore e muore quando lui ha tre anni. Albert cresce libero e selvaggio fino a dieci anni, in un piccolo paese d el l ’Alta Provenza, e la sua prima evasione sarà dal collegio. Quando la madre apre un piccolo negozio di biancheria a Hyéres, Bert viene iscritto al liceo locale ma sarà prima espulso e poi bocciato. È uno a cui la vita “normale” sta stretta, Spaggiari. Legge le gesta del bandito Giuliano e parte per Palermo per arruolarsi a Montelepre. Una pattuglia di carabinieri lo arresta e lo rispedisce in Francia dove – sbattuto in cella – trova modo di stringere amicizia con due soldati tedeschi e un collaborazionista inglese. E’ la sua iniziazione alla malvivenza. Esce dal carcere e –diciasettenne –si arruola nel 3° battaglione parà: i “berretti rossi” in Indocina. Finisce ancora una volta in carcere per una spedizione punitiva in un bordello di Hanoi. Degradato, condannato a cinque anni di gattabuia, ne sconterà più di tre per poi affiliarsi all’Oas, organizzazione paramilitare e terroristica attiva in Algeria. La sua fedina penale è un sontuoso romanzo d’avventura.
Un’altra condanna per stampa clandestina lo trattiene nelle patrie galere per altri quattro anni, esce e s’inventa una nuova vita come fotografo di feste e matrimoni a Nizza. Il generale Charles De Gaulle è in visita a Hyéres. Il corteo presidenziale sfila a poca distanza dal negozio della madre di Spaggiari che si trova lì, imbracciando il fucile, puntandolo col mirino. Manca poco ma Albert non mette in atto il suo proposito per il mancato via libera dell’organizzazione e per non creare noie alla madre. L’idea del furto gli viene dalla lettura di un poliziesco di Robert Pollock nel quale un gruppo di ladri penetra in una banca della city londinese. Bert è folgorato. Individua la filiale al numero 8 di Avenue Jean Médecin. C’è un tombino da cui è possibile inoltrarsi lungo il canale di scolo. Il piano comincia a prendere forma.
Bert disdegna la malavita locale, contatta i duri di Marsiglia ma vuole accanto uomini di cui può fidarsi ciecamente. Li trova tra i camerati con cui ha combattuto in guerra e che non conoscono il tradimento. Eccoli: Recluta 68, la sigla fa riferimento alla sua partecipazione ai moti parigini di quell’anno: Rico ex colono in Angola; Carlos falangista spagnolo; Biki, un italiano incontrato in Algeria, che arriverà in compagnia di Mireille che diventerà la vivandiera del gruppo; Gigi anche lui italiano ex mercenario in Africa; Mick, amico di 68. Bert fa incontrare i due gruppi, s’inseriscono altri due personaggi di spicco: Honoré rinomato scassinatore e Samy, gioielliere ebreo per riconoscere i pezzi più importanti da rubare. Il 7 Maggio del ’76 la banda entra in azione. Gli uomini hanno tute da lavoro, scendono da un camioncino nei pressi della banca e transennano il tombino da cui si giunge al sistema fognario.
Due mesi di preparazione che culminano nell’ultimo venerdì passato nelle fogne dalla banda per forzare il pesante armadio blindato che sbarra l’ingresso al caveau. Si affidano alla sorte per decidere il primo a entrare nel caveau ma il capo dei marsigliesi cede l’onore ad Albert: “Dopo di voi, maestro”. L’uso della fiamma ossidrica per forzare le cassette di sicurezza produce un caldo tremendo, si aiutano con le anfetamine. Alle due di notte del lunedì i malviventi ripercorrono le strade –sono “Le fogne del Paradiso”, scriverà Spaggiari nel suo libro –non senza il rimpianto per le migliaia di cassette rimaste chiuse. È il giorno di Sant’Arsenio. La notizia dell’audace colpo ha un’enorme risonanza. La Francia tutta sta dalla parte dei ladri. La polizia inghiotte la beffa ma le indagini imbroccano presto la pista giusta. Spaggiari è arrestato il 27 ottobre, tre mesi dopo il furto. Lui nega tutto, non parla, accetta un caffè: la bevanda è drogata, Bert confessa ma riesce a non fare un solo nome e neppure rivelare il nascondiglio della refurtiva. Entra in carcere mentre la Francia lo acclama.
A interrogarlo è il giovane giudice Bouzazis, poco più che ventenne, che durante le interminabili giornate d’interrogatorio riesce a ricostruire il piano nei minimi dettagli. Con Bouzazis, Spaggiari è perentorio: mai i nomi dei complici. Nella sua scala di valori –spie – ga Albert – non c’è posto per il tradimento. Ancora una cella, ancora una fuga. L’evasione di Spaggiari è rocambolesca. Da oltre quattro anni è in galera. Ogni mercoledì è prelevato dal carcere e portato dal giudice. I suoi amici si sono fatti vivi. Bert intercetta, infatti, un motociclista affiancare, a bordo della sua moto, il cellulare che lo trasporta. Hanno un cenno d’intesa. Deve tentare il tutto per tutto. Da qualche giorno ha promesso al giudice grandi rivelazioni. Nella stanza ci sono solo quattro persone: Bert, il suo avvocato, il giudice e la sua segretaria. Gli agenti della scorta hanno ordine di vigilare dietro la porta. Bouazis non li vuole dentro perché altrimenti le dichiarazioni di Bert finiscono sui giornali. Bert si alza dalla sedia posta di fronte al giudice. Vuole spiegare alcuni dettagli della mappa che il giudice ha sulla scrivania. Sente il rombo di una moto. Apre la finestra e si butta di sotto. Atterra prima sul cornicione di un portone e poi di nuovo sul tetto di una Renault 6. È in strada, la moto lo aspetta, salta sulla sella e saluta con la mano. È di nuovo un uomo libero. Alcune settimane dopo, il proprietario della Renault riceve un assegno di tremila franchi con cui Spaggiari lo risarcisce del danno alla vettura. L’uomo più ricercato di Francia sparisce e trova la compagna della sua vita per tutti gli anni della latitanza, fino alla morte. Si chiama Emilia De sacco, ha origini italiane, è bella e di buona famiglia, all’inizio accetta solo di ospitare in casa sua uno scrittore che ha bisogno di solitudine per un lavoro che sta facendo. La verità viene fuori presto, inizia così la storia di amore tra Emilia e Bert.
Inizia così una latitanza durata oltre dieci anni. Comincia a Rio de Janeiro dove tra i tanti italiani incontra Tomaso Staiti di Cuddia – tra i protagonisti della storia del Msi – con cui inizia un sodalizio di stima, stile e poesia. Ogni tanto Bert rilascia un’intervista, in una si dichiara dispiaciuto per aver tradito la buonafede del giudice Bouazis. Arriva il processo. È il 1979, una grande folla si accalca nella speranza di vedere comparire Bert. Spaggiari è condannato in contumacia all’ergastolo. È una pena esagerata, Bert paga la beffa. Staiti lo ricorda come un “soldato perduto”, per nulla interessato al denaro, amante del bel gesto. E ricorda Emilia, la donna che per tutti gli anni della latitanza ne condivide il destino. Vivono in una malga, sulle Dolomiti. Fanno delle sortite a Venezia, a Milano e addirittura arrivano a prendere un aereo che atterra a Parigi. Bert invecchia. Si ammala, riesce a farsi operare in un ospedale francese, ma torna in Italia per morire. Emilia in compagnia della madre di Albert e di una cugina, riporterà nella casa di Hyères, il corpo di Bert adagiato sul retro di un camper. Albert Spaggiari, l’uomo più ricercato di Francia, nel suo testamento scrive così: “Alla giustizia regalo il mio ultimo affronto, muoio libero”. (*da Il Fatto Quotidiano)