Fin da piccolo, qualche minuto prima che iniziasse il derby della Madonnina, raccoglievo per scaramanzia tutti gli oggetti di fede nerazzurra (sciarpe, magliette, portachiavi…) che avevo sparsi per la casa, per vedermi circondato di questi colori. Non pensavo a quale città rappresentasse la mia squadra ma a quanto eccitante fosse quell’atmosfera da sfida imperdibile e cercavo così il modo per dare anche io il mio piccolo contributo ai campioni del cuore.
Ovunque si legge e si racconta che non è più il derby con la D maiuscola, lo scontro tra bandiere come Zanetti e Maldini, o tra cannonieri, quali Shevchenko e Milito, e questa volta fondamentalmente neanche più tra Moratti e Berlusconi (sfida questa che andava ben oltre il panorama calcistico, ma che anzi rappresentava due facce della realtà sociale meneghina)… si legge che è il derby di Nagatomo e di Abate, che è un derby “made in China“, incentrato sul marketing e non sullo spettacolo calcistico fine a se stesso. Eppure io credo che tutto ciò sia più che giusto quando si parla del presente di due tra le più blasonate realtà del calcio mondiale, eccetto quando si gioca proprio questa partita, una partita che è per gli amanti del calcio ciò che è la notte degli Oscar per un cinefilo e alla cui fine Milano non sarà più semplicemente bianco rossa, ma una macchia nera con sfumature rosse o azzurre a seconda dell’esito. La sfida sugli spalti a suon di coreografia, i flash delle macchine fotografiche che abbagliano lo stadio in modo intermittente, il boato dei tifosi e i telecronisti esaltati pronti a gridare i nomi dei giocatori sono cose che non cambiano, simbolo di un Derby immortale. E per questo io spero che chi ha la fortuna di trovarsi a San Siro questa sera non passi neanche un secondo a rimpiangere di non esserci stato qualche anno prima, quando quei campi erano calcati da Ronaldo, ma piuttosto viva a pieno quella voglia di entrare in campo immedesimandosi nei giocatori per segnare il goal della vittoria, godendo delle emozioni che solo il calcio sa trasmettere.
Come cantava Vecchioni, “Luci a San Siro“: che il match abbia inizio, e che vinca il migliore.
Adesso scusate ho un impegno improrogabile: dove avrò messo quell’astuccio nerazzurro?