
La poesia sfugge a definizioni di ogni genere, in quanto estremamente connessa ai movimenti dell’anima, scossa tra impulsi, emozioni e sentimenti che albergano in ogni individuo. È interessante come tutto possa diventare poesia o, più in generale, possa suscitare emozioni attraverso lo strumento della parola scritta. La scrittura, dunque, porta a superare il quotidiano e ciò che viene definito senso comune.
Luciano Pellegrini può essere definito in molte maniere, ma supera in automatico qualsiasi tentativo di definizione standard, perché si pone oltre le barriere degli opposti, ricercando l’armonia nelle varie sfere della vita. Pellegrini declina il suo spirito sensibile in tanti settori, spesso riducibili ad un unicum. Poeta contro tutte le barriere, presidente dell’associazione culturale Essere Armonia, ricercatore spirituale, romanziere e saggista, che pone la propria arte oltre il sentiero dello scontato, alla ricerca di nuove autentiche realtà.

Da dove prendi l’ispirazione per le tue poesie?
“Qualunque cosa, oggetto, situazione, sensazione può “creare” l’input emotivo e intellettuale che spinge poi a scrivere. Una condizione sospesa, come un bisogno d’amore, un impulso da soddisfare prima possibile. Così mi ritrovo calamitato al computer per mettere insieme le parole e trasformarle in versi. Sembrano lucciole, bolle di sapone da “prendere al volo” prima che sfuggano o spariscano”.
Quando sei entrato in contatto con questo tipo di arte?
“Avevo circa 18 anni. Stavo andando dai nonni poco prima dell’alba. Le prime luci scivolavano sul paesaggio autunnale. Ebbi un flash, una ebbrezza interiore che aprì qualcosa e mi fece paragonare le foglie dell’autunno alle illusioni. Dapprima erano semplici accostamenti di parole che poi la passione ha trasformato in ricerca, studio, e impegno”.
Si può definire la poesia come la parola dell’inconscio?
“Personalmente penso che tutto sia poesia: un tramonto, il cielo, un bimbo, un sorriso, un fiore, una coppia, un’opera d’arte e così via. La poesia è l’Essere umano stesso che avverte, sente in sé un qualcosa che lo ravviva. Quindi per molti aspetti si, secondo me, proviene dall’inconscio. L’importante è riuscire a saperlo ascoltare ed a coglierne i messaggi”.
Mario Soldati diceva che la poesia non è altro che il rimpianto di una religione perduta. Che cosa è per te, dunque, la poesia? E che cosa la religione oggi?
“Soldati, se non ricordo male, fu un praticante cattolico finché non trovò una sua interpretazione religiosa. Comunque, poesia e religione sono entrambe “forme d’esistere”certamente diverse ma soggettivamente sempre importanti. Mi sembrano modi di esprimere se stessi, pensieri, sensazioni, paure, desideri… La poesia che intendiamo scritta, oggi,si è allargata, massificata. Dando un’occhiata alla storia si nota che chi sapeva leggere e scrivere erano in pochi. Provenivano dalla nobiltà, dal clero e successivamente dalla borghesia. Quindi, anche i “poeti” erano pochi. Oggi tutti sanno leggere e scrivere e non sono pochi coloro che scrivono poiché è terapeutico e fa sentire meglio. Ma dagli anni ’70 del secolo scorso è iniziata una vera propria crisi della poesia. Oggi infatti si vede un proliferare di “poeti” e “poetesse”che, spesso e volentieri, scrivono in maniera improvvisata, a scapito della qualità. Scritti che non hanno basi letterarie ma sono modi per esprimersi, per ravvivarsi, per riempire un po’ il vuoto che si avverte interiormente. Qui, ci sarebbe da scrivere molto, ma credo ci sia già chi lo fa. Ma è tutto il sistema che, come al solito, non bada alla qualità ma al ricavo, a conoscenze e quant’altro compromesso. Anche la religione si evolve, nel senso che oggi, a parte molte eccezioni, non si crede più alla cieca, ma si va alla ricerca di qualcosa che fa al caso di ciascuno. La religione, per me erroneamente abbinata al sacro, è – e deve essere – una esperienza totalmente personale proprio perché tocca l’intimità dell’essere umano”.
Mario Luzi è stato e continua ad essere una figura di spessore del panorama letterario ed umano italiano. Chi è per te?
“Mi consenti di rispondere con questo articolo del 1994? Penso sia molto eloquente”.
Di cosa tratta la tua ultima fatica letteraria Fiabole?
“Sono una serie di 50 fiabe e 50 favole. Brevissime e con morale in rima finale. Vogliono essere messaggi di vita, vitalità, rispetto di sé e degli altri, passando soprattutto per la non violenza. È rivolto ai bambini ma anche ai grandi. Il mondo della favola e della fiaba è sempre uno spazio magico, dove la speranza è sempre in azione anche nelle situazioni più brutte. Ho tentato questa forma di espressione proprio per dare ascolto al “bambino sempre vivo in me”che vuole ininterrottamente dire la sua. È insistente, punta i piedi, perennemente pieno di brio, ma non capriccioso. Sa bene che lo ascolto spesso, soprattutto nei momenti tristi e difficili. E lui è sempre qui nel centro del mio petto”.
Si possono collegare poesia e spiritualità?
“La domanda si ricollega alla precedente ed è giustamente separata in quanto spesso “religione” e “spiritualità” vengono equiparati. Entrambi si riferiscono alla ricerca del divino. Tuttavia è una ricerca differente: la religione è esteriore e formale, mentre la spiritualità si rivolge all’interno di sé. La ricerca spirituale si basa sempre sull’esperienza e sensibilità personale. E qui, per molti aspetti si possono collegare poesia e spiritualità a patto che li si viva in modo attivo e vitale per connettersi a sé, agli altri e all’universo. Cosa che purtroppo, non vedo. Anzi spesso e volentieri si accende, tra quelli che si accingono a scrivere, una forte rivalità che va a discapito della nostra stessa umanità”.