Una spy story con elementi di giallo, di thriller, di poliziesco, di noir, di narrativa d’azione: così si presenta al lettore questo romanzo di Riccardo Bellandi (dottore di ricerca in diritto costituzionale ha approfondito i temi della politica di sicurezza, appassionato cultore di storia ha pubblicato in precedenza “ I signori dell’Appennino. Amori e battaglie nella Toscana del Duecento “ Polistampa 2010). E con queste premesse non stupirà che il romanzo sia solidamente basato nell’immediato dopoguerra, in piena occupazione militare “alleata”, con la neoricostituita Jugoslavia di Tito non ancora allontanatasi dalla casa madre sovietico-staliniana e narri le avventure di un gruppo d’italiani (in gran parte provenienti dal regio Esercito ma con la presenza di un giovane zaratino che aveva combattuto con le SS nella fase finale della guerra) incaricati di eliminare tre esponenti del PCI contrari alla linea di Togliatti.
Un quadro storico delineato con chiarezza anche mediante l’espediente letterario di inserire nel racconto autentici protagonisti di quei fatti.come, in particolare, James J. Angleton capo dell’Ufficio Operazioni speciali per l’Italia dal 1945 al 1947.
Vivide nel loro realismo le descrizioni di situazioni e luoghi: il campo di prigionia titino ove sono rinchiusi combattenti della Repubblica Sociale come partigiani non comunisti.
“Con i primi raggi del solemisi a fuoco l’umanità che ni circondava. Un ammasso informe di morti viventi dall’aspetto di uccelli infernali. Enormi crani rasati a zero su colli magrissimi e corpi scheletrici…..seminudi, con addosso stracci informi e luridi….guardavano apatici e rassegnati il commissario del campo …”
E le esecuzioni a bastonate, dopo aver fatto mangiare ai condannati i loro stessi escrementi. Esagerazioni anticomuniste? Menzogne di chi vorrebbe “ridimensionare” gli orrori dei lager? A chi avanzasse in buona fede un simile dubbio suggerisco la lettura dell’ampia letteratura esistente su l’isola Calva ove, in una diversa situazione geopolitica dopo la rottura tra Stalin e Tito, furono deportati comunisti ( tra cui molti monfalconesi che avevano scelto di emigrare in Jugoslavia per “costruirvi il comunismo”) fedeli alla linea sovietica. E, per finire, cito come l’autore descrive l’impatto di un suo personaggio con la foiba ove era caduto:
“aveva intuito, lo aveva immaginato, lo aveva sentito; ma vederlo era un altro paio di maniche: il fondo della cavità, una trentina di metri quadrati, era interamente ricoperto da una massa informe di carne umana in putrefazione, frammista a ossa, ciuffi di capelli e brandelli di indumenti. Decine di cadaveri, ammassati gli uni sugli altri, imbottiti di vermi, deformi e spaventosi, che di umano non avevano più niente”.
*Lo spettro greco di Riccardo Bellandi (pp 288 euro 15, editore Youcaprint)