I giovani non sono all’altezza delle sfide della contemporaneità e i ragazzi degli anni Ottanta erano più preparati. Ce lo spiega l’Ocse in una recente indagine. E i dati indicano che venti anni fa le scuole funzionavano meglio e gli esami di Stato erano seri. Poi, ed è noto, gli studenti italiani stanno nelle posizioni più basse delle graduatorie internazionali per competenze acquisite e per uso della lingua inglese. L’ultima ricerca Eurostat dà il colpo di grazia. Il 70% dei giovani tra i 18 e i 35 anni vive insieme a mamma e papà, contrariamente ai coetanei delle altre società europee.
Non c’è altro da dire: i nostri ragazzi sarebbero ignoranti e mammoni. I ricercatori naturalmente ci ricordano che la situazione è complessa: il contesto economico di crisi; l’abolizione dell’articolo 18 che ha istituzionalizzato la precarietà giovanile; gli scarsi finanziamenti per scuola e università. Così il tutto pesa sulla fiducia delle giovani generazioni; e lo spiega Roger Abravanel sul Corriere della Sera, con il suo La fiducia che serve ai giovani.
Ora, con questo quadro sociale, diventa difficile l’insegnamento nelle scuole; si fa fatica a chiarire ai diciottenni che gli esami di Stato rimangono una prova importate. Tuttavia da qualcosa è necessario ripartire. E questa persistenza di dati negativi adombra i ragazzi che, invece, giorno dopo giorno, spingono avanti la propria voglia di fare, continuano a studiare, dimostrano all’estero di saper sviluppare i loro progetti.
Si ha la sensazione per cui la crisi metta in evidenza solo le negatività di una generazione. La quale, per altro, è incontrabile nel positivo volontariato giovanile, nei ragazzi di Genova che spalano il fango, nei ragazzi che spostano macerie ad Accumuli, Visso, Ussita. Quale spiegazione diamo inoltre alla nascita di migliaia di partite Iva intestate ai figli che non accettano la rassegnazione, proprio nel Meridione?
I dati Ocse e Eurostat sono generati in un quadro europeo. Motivo per cui l’università francese non è quella italiana. La formazione professionale tedesca non è quella del nostro paese. Mentre la sfiducia delle giovani generazioni va in parallelo con un debito pubblico immenso e con un sistema occupazionale gerontocratico. Se potessimo poi giudicare i padri che hanno divorato tutto, forse le cose sarebbero chiare. E nelle nostre teste si fisserebbe un pasoliniano Processate i padri! Naturalmente ciò è impossibile. Piuttosto, per guardare al futuro. Per non farsi abbattere dalle statistiche degli istituti europei è urgente ridare alla scuola italiana la meritata centralità sociale; ciò anche attraverso il rinnovo del contratto dei docenti e il ritorno ad una didattica meritocratica, ormai abbandonata. La stessa riforma degli esami di Stato, dibattuta in questi giorni, non va nella giusta direzione a causa dell’alleggerimento della prova con commissioni composte solo da docenti interni; e queste sono responsabilità politiche dei cattivi padri; e poi ce la prendiamo con i giovani.