Sospeso fra sogno e realtà. Questo è il Giappone di un giovane Yukio Mishima che durante la guerra, poco più che adolescente, fra i sedici e i diciotto anni, si soffermò sulla scomparsa di un mondo, quello della tradizione, fatto di leggende, antenati, guerrieri, onore e, soprattutto, di amore cortese.
Il primo racconto del volume “La foresta in fiore” si apre con una constatazione. “Questo luogo non ha mai avuto alcun rapporto né con me né con i miei antenati“. Per un attimo sembra di scorgere una premonizione, una dichiarazione precoce dei motivi che porteranno, molti anni più tardi, ad un gesto estremo di rifiuto di questo mondo, verso il quale non sentiva alcun legame. Il giovane Mishima sapeva già di essere fuori posto, percepiva la grandezza delle antiche armature dei samurai che facevano mostra di sé nelle stanze più remote di ogni famiglia e ne capiva la sacralità.
Il libro prosegue poi fra visioni oniriche e malinconie di amori antichi e ormai perduti. Samurai e dame che si perdono per uno sguardo, come Haruie e Yamabuki, uniti da un sentimento immortale, divisi dalla guerra ma capaci poi di ritrovarsi alla fine. Amori che si consumano fra le rovine di un mondo, contornati dai fiori di ciliegio che rendono, per chi ha l’immaginazione adatta, il tutto ancora più meraviglioso. Forse per chi è cultore dei disegni giapponesi, richiamare l’atmosfera di fiaba in cui si muovono i personaggi di queste storie può essere più semplice.
“La foresta in fiore” è il primo volume pubblicato dal giovane Yukio Mishima e si può ben dire che sia un manifesto molto importante per capire i successivi sviluppi della narrazione di questo autore ed essere introdotti alle tematiche care a tutti i cultori del Giappone tradizionale.
* “La foresta in fiore” di Yukio Mishima (Feltrinelli)