
La memoria dell’acciaio e delle vite segnate dalla tragedia industriale di Taranto sono oggetto della metafora letteraria che anima il libro “Ilva Football Club” (Kurumuny) di Lorenzo D’alò e Fulvio Colucci, giornalisti de La Gazzetta del Mezzogiorno. A completare il quadro la presenza di Lino Patruno (giornalista ed ex direttore de La Gazzetta del Mezzogiorno) e Alessandra Montemurro (giornalista de La Gazzetta del Mezzogiorno).
Di questa straordinaria Spoon River dei campi di calcio in terra battuta nella Taranto ruggine per le polveri assassine, ne abbiamo parlato co Fulvio Colucci, intervenuto alla presentazione del volume nella Feltrinelli di Bari.
Un reportage della memoria. L’obiettivo era quello di denunciare una situazione di degrado, presente nel territorio pugliese da decenni. Perché la scelta del racconto attraverso lo sport? Quale metafora racchiude in sé il calcio?
“L’Ilva Football Club è una squadra immaginaria ma esistevano realmente giocatori-operai che partecipavano a partite di quartiere. Siamo riusciti ad intervistare i più fortunati. Lo stesso Lorenzo, cresciuto nella zona Tamburi, partecipò ad un torneo (Coppa Natale) indossando una maglia grigia che richiamava l’imponente presenza dell’Ilva. Il calcio era visto, e potrebbe esserlo tuttora, come elemento di emancipazione, riscatto sociale. Bisognava sfuggire ai disagi creati da una fabbrica in crescita e che dava vita a realtà sempre più periferiche ed emarginate.
Adesso ci sono ancora tornei ma “interni”, chiusi nella logica del reparto. Aumenta sì la solidarietà fra lavoratori ma non permette, come accadeva con il calcio di quartiere, di creare uno scambio per rielaborare il rapporto tra città e fabbrica”.
Adesso è stato limitato il traffico proprio in zona Tamburi per il wind-day. Tutte queste ordinanze e decreti si rivelano concretamente utili?
“I bambini non possono più giocare all’aperto. Una vera è propria negazione del gioco. Questa è ad esempio un’altra ordinanza del sindaco. Ha anche affermato di essere disposto a chiudere lo stabilimento. Ma è un’ordinanza che serve a ben poco. Avrebbe dovuto firmarla solo per confermare che i tarantini non accettano più la crescita delle malattie e delle morti dei loro bambini”.
Cosa può portare ad un reale cambiamento?
“Un epocale cambio di mentalità. Per sbloccare l’impasse serve una svolta, non decreti”.
Matteo Renzi firma l’accordo sul clima a Parigi e l’Italia non riconosce i danni provocati dall’Ilva. Il romanzo si pone l’obiettivo di risvegliare le coscienze italiane?
“Assolutamente sì. Il mondo della cultura può smuovere l’opinione pubblica. Quello dell’Ilva è un argomento che troppo spesso viene lasciato in silenzio e il libro vuole abbattere questo muro”.