Salutiamo con vivo interesse la meritoria operazione editoriale delle Edizioni Mediterranee, che pubblicano nella sua prima versione italiana La religione dei samurai dello studioso giapponese del XX secolo Kaiten Nukariya, classico della letteratura spirituale e della storia delle religioni orientali.
Quest’opera preziosa, che si mostra come un’accurata analisi del Buddhismo zen, che costituì appunto la religione praticata dai samurai, ci consente di andare alle origini di un singolare fenomeno spirituale che informò di sé l’intera civiltà giapponese favorendo lo sviluppo di letteratura, arti, cucina tipica, architettura, giardinaggio, e riti e cerimonie caratteristici come la cerimonia del tè.
Lo zen, come è noto, è una tradizione esoterica che va oltre le speculazioni filosofiche e l’insegnamento dei testi religiosi, spingendosi curiosamente sino all’iconoclastia. Emblematico è in tal senso un noto detto di questa tradizione: “Se incontri il Buddha, uccidilo”. Lo zen – come riporta nella sua presentazione il curatore di questa edizione Riccardo Rosati, citando Evola – infatti “non disserta su verità trascendenti, ma indica le vie per sperimentarle direttamente.”
In effetti, ciò che è alla base dell’esperienza dello zen è il satori, definito come una sorta di “rottura ontologica di livello” mediante la quale nel ricercatore spirituale si innesta la dimensione della trascendenza. Si può ben capire come una forma così pragmatica di spiritualità poté attirarsi i favori di uomini concreti e risoluti come i samurai. Afferma a proposito Nukariya, che essi “nello zen riuscirono a trovare qualcosa che era loro congeniale, qualcosa che faceva vibrare le corde del loro cuore, poiché, in un certo senso, lo zen era la dottrina della cavalleria.” Per cui l’allenamento del samurai e l’ascesi del monaco, nel contesto zen, rappresentano uno stesso tipo di sforzo per il perfezionamento spirituale ed il raggiungimento dell’Illuminazione.
Nukariya, in quest’opera, facendo fede sul suo pragmatismo, che non si fa remore di prendere in prestito dall’Occidente la teoria dell’evoluzione di Darwin, si spinge addirittura a negare l’esistenza di un’anima individuale nell’uomo, ritenendo la credenza nella sua esistenza un pregiudizio dovuto all’insaziabile desiderio di longevità presente nell’essere umano. Ma secondo l’assunto del Buddhismo Hinayana propugna la strada del discernimento di un unico Sé Universale: “Non dobbiamo confinare il Sé all’interno di quella povera e piccola persona chiamata corpo. È questa la radice dell’egoismo più meschino e miserabile. – Afferma – Dovremmo espandere quell’egoismo nell’egoismo della famiglia, poi nell’egoismo della nazione, poi nell’egoismo della razza, poi nell’egoismo dell’umanità, poi nell’egoismo degli esseri viventi e infine nell’egoismo dell’universo, che è l’assenza di egoismo. – E aggiunge – Pertanto noi neghiamo l’immortalità dell’anima così come viene concepita dall’opinione comune, ma affermiamo l’immortalità della Grande Anima, che vivifica e spiritualizza tutti gli esseri senzienti.”
* “La religione dei samurai” di Kaiten Nukariya, a cura di Riccardo Rosati, pp. 249, euro 22,50, Edizioni Mediterranee