Quantomai provvidenziale si dimostra la scelta della Fondazione “Julius Evola” di pubblicare ora questa raccolta di articoli e saggi del Barone, riguardanti l’Oriente e i rapporti tra civiltà orientale e occidentale.
In questi tempi, infatti, in cui a farla da padrone in Internet sono i siti new age e sempre più sono coloro che si rifugiano in dottrine e pratiche orientali dalla dubbia ortodossia e serietà, questi saggi, che Evola ebbe a scrivere nell’ampio arco di tempo in cui si profuse la sua opera di studioso e divulgatore del pensiero tradizionale, presentano il merito, se non altro, di operare un giusto discrimine fra ciò che è genuinamente tradizionale e quel che è semplicemente il frutto di quella improvvida koinè venutasi a creare fra i più vieti pregiudizi della cultura occidentale ed un Oriente annacquato introdotto in Occidente da indegni divulgatori e guru improvvisati .
Date queste premesse non dovrebbe più di tanto sorprendere che l’opera e la figura di Julius Evola, pur avendo non di rado destato l’interesse e riscosso la stima di non pochi illuminati accademici, siano a tutt’oggi tabù nella cultura mainstream. Eppure, come fa notare l’ottimo Riccardo Rosati, nell’introduzione a questo volume, benché da autodidatta e forse proprio per questo, Evola seppe giungere a importanti conclusioni ed ebbe intuizioni geniali e rivoluzionarie riguardo le discipline orientali, la storia della filosofia e la filosofia della storia, cosa rintracciabile di rado nell’opera di intellettuali accademici, troppo spesso impegnati a mantenersi negli angusti stazzi dell’ortodossia universitaria.
Coraggiosa fu già al suo tempo l’opera di Evola tesa a sdoganare l’Oriente, in quegli anni considerato da più parti la culla del pericolo antifascista. In effetti, già allora ciò che in Occidente giungeva dall’Asia era molto spesso filtrato, per ovvi motivi politici, storici e sociali, dalla mentalità angolsassone. Si pensi solo alla teosofia di Madàme Blavatsky che proprio nell’Inghilterra vittoriana ebbe il suo epicentro, o alla figura di Jiddu Krishnamurti sulla cui critica verte proprio uno dei saggi della presente raccolta.
L’Oriente di Evola è di tutt’altro genere, esente da sbobinature edulcorate dei testi tradizionali; esso è essenziale, asciutto, ieratico, imperiale, sorgivo, va dritto alle fonti: «L’Oriente non è Tagore, non è Shurè, non è il teosofismo anglosassone, non è il Gandhi, e via dicendo. Si leggano invece le Upaniṣad, la Bhagavad-gītā, il Sāṃkhya, il Majjihimonikāyo, i Tantra, e poi si parli.»
Ciò che c’è di più importante in Evola, è che la sua ricerca dell’Oriente, a differenza di quella di molti al suo e al nostro tempo, non costituisce una fuga evasionistica riconducibile a quella superficiale curiosità per l’esotico, che spesso si riduce ad una frivola passione per le “cinesaglie”, ma è vera e propria ricerca di ciò che di essenziale presentava ancora l’Oriente, con l’intento di ridestare ciò che di essenziale aveva perduto l’Occidente.
Un esempio di come gli intenti di Evola non provenissero da estemporanei fervori dettati dalle mode estemporanee del momento, ma da una radicata e radicale ricerca di essenzialità, si pensi a come il Nostro tratteggia in uno di questi saggi la figura del Tennō, dell’Imperatore del Giappone, incarnazione politica e spirituale a un tempo del mondo della Tradizione, presenza tangibile del divino sulla Terra. Perché ricerca spirituale e concretezza politica in Evola non sono scissi, ma fanno parte di un’ unica ed organica visione d’insieme dell’esistenza.
Chiosano questa raccolta di saggi due scritti di Benito Mussolini, che danno un’idea della lungimiranza e consistenza culturale del Duce, il quale dimostra di aver saputo cogliere con largo anticipo le enormi potenzialità dell’Asia e del Giappone in particolare. Giappone che allora e sino alla sconfitta bellica, si mostrava capace di far proprie le ultime innovazioni scientifiche pur preservando la sua identità tradizionale. Fu, del resto, proprio sotto il fascismo, nel 1933, che presero vita le attività dell’Istituto Italiano per il Medio e l’Estremo Oriente (IsMEO), l’odierno IsIAO.
Un volume prezioso, questo “Fascismo-Giappone-Zen”, che non può non destare l’attenzione di chi sia interessato ad un rapporto non superficiale con sè stesso, con le proprie radici, con la propria storia, ma al contempo aperto ad una reale integrazione dell’altro, da intendesi quale specchio di sè stesso, nel segno di un vero universalismo.
* “Fascismo Giappone Zen” di Julius Evola, a cura di Riccardo Rosati, pp. 166, euro 15, I libri del Borghese