Caro Barbadillo,
Ogni estate che si rispetti ha i suoi “tormentoni politici”. Generalmente si tratta di argomenti parossistici e grotteschi, strumentalmente protesi a creare un po’ di notorietà al deputato peones di turno che gode dei suoi attimi di notorietà. Poco male, anzi, è da Andy Warhol in avanti che ci siamo arresi al fatto che “prima o poi tutti avranno i loro 15 minuti di notorietà”.
Il tormentone di questa estate è stato dal primo ministro francese Valls che, in vena di risposte muscolari all’integralismo islamico, ha – udite udite – proposto di mettere al bando il burkini. Se esiste “cultura della resa”, quella di Valls ne è, nonostante i proclami e per eterogenesi dei fini, una sorta di livorosa ma istericamente squittente sottoforma.
Questa proposta – che in verità mi sembra frutto della medesima visione laicista che vorrebbe cancellare il crocefisso da ogni luogo pubblico – da una parte mi pare inutilmente incendiaria e, dall’altra, testimonia impietosamente l’anemica inadeguatezza delle classi politiche occidentali, incapaci di andare oltre balbettate soluzioni estetico-cosmetiche.
Precisato che il burkini mi sembra più un innocuo segno identitario che non una orgogliosa e pettoruta rivendicazione militar-militante, credo che sia il caso di chiedersi se il laicismo esasperato che sottende a queste posizioni possa essere considerato una risposta all’altezza della sfida posta dal terrorismo islamico. Temo che i fondamentalisti islamici alla notizia del bando del burkini si siano rotolati dalle risate.
Senza attardarmi nella sociologia modaiola, non voglio chiedermi se queste forme di intolleranza laiciste, pur edulcorate dalla autoconsolatoria leggerezza dell’approccio estetico – cosmetico, alimentino o meno un pericoloso clima da scontro di civiltà, mi limito a immaginare lo stordimento e lo spaesamento dei jihadisti a scoprire che queste sono le nostre “intelligenti e inesorabili armi”. Ma quel che più imbarazza è la virale discussione pubblica che ne è immediatamente scaturita.
Da una parte chi approva la decisione ritenendola indice di un restaurato clima da Reconquista di posizioni culturali perdute e dall’altra fini sociologi che invitano agli immancabili distinguo. Anche a destra il tormentone del burkini ha prodotto interventi e prese di posizioni inconciliabili.
Il reato di integralismo islamico
Peccato che analoga discussione non sia stata ingenerata dalla proposta di legge di Fratelli di Italia che, in termini laici e non laicisti, vuole introdurre il reato di integralismo islamico.
Una posizione che evidentemente non va bene per coloro che vogliono combattere tout court l’islam e che per farlo si accaniscono, con il ruggito del leone, sul burkini.
Una posizione scarsamente apprezzata anche da chi, volendo spaccare il cappello in quattro, intravede nel reato di integralismo islamico un presunto ed inaccettabile reato di opinione.
Il reato di integralismo islamico è l’antidoto semmai all’aggressione tout court al credo islamico, consentendo una risposta seria, immediata, durissima all’integralismo islamico.
Se, come non smette di ricordarci con la profondità delle sue analisi Franco Cardini, non esiste l’islam, ma gli islam, realtà poliforme e contraddittorie, senza una organizzazione istituzionale e strutturale paragonabili alla nostra chiesa, è bene dunque non colpire ogni simbolo dell’islam, ma essere inflessibili con chi, sfruttando la particolare penetrazione, capillarità e diffusione del credo religioso islamico, attenta all’incolumità pubblica.
E’ stato detto – o per malafede o per ignoranza – che la proposta di Fratelli di Italia introduce un reato di opinione, diversamente è esplicitato a chiare lettere che viene perseguita ogni propaganda o predicazione “indirizzata o comunque tale da mettere in pericolo la pubblica incolumità”. Una risposta che non si attarda in battaglie estetiche dall’indigesto retrogusto laicista, ma che aggredisce direttamente la serpe criminale che usa la religione per diffondersi. Una risposta chirurgica alla più diramata, capillare e nel contempo pericolosamente acefala organizzazione criminale che oggi conosciamo.
Una destra che si candida a governare la Nazione non deve impaludarsi nella lotta ai simboli religiosi, ma nemmeno può arrestarsi di fronte allo scudo religioso nella lotta senza quartiere al terrorismo islamico.
La proposta di legge di Fratelli di Italia può, anzi, essere ulteriormente perfezionata, mutuando la legislazione speciale per le organizzazioni criminali e terroristiche, prevedendo, per esempio, la confisca di tutti i beni serviti o destinati a commettere il delitto, moschee comprese, e l’applicazione automatica del regime carcerario duro (41 bis O.P.) per i condannati e ancora la previsione del carcere come unica misura cautelare per coloro accusati di questo crimine.
In Francia la medesima matrice laicista consente, contemporaneamente, di dichiarare la “terribile” guerra al burkini ma poi di immaginare di stanziare risorse per carceri speciali per “rieducare” le serpi del terrorismo islamico.
Senza confondere la guerra al terrorismo con la guerra all’islam, ma senza nemmeno consentire alcuna ambiguità o senza sconti difronte a pseudo motivazioni religiose, l’Italia deve diventare la nazione dove i terroristi islamici non abbiano più acqua ove nuotare, si vedano confiscare tutto, rimangano isolati in carcere, perché non v’è nulla da ‘rieducare’, ma solo da reprimere brutalmente, come per ogni associazione e sodalizio criminale, qualunque sia la sua matrice culturale e religiosa.