“Il Ttip è morto”, ha certificato Sigmar Gabriel, vice cancelliere tedesco. Con il rischio, però, che possa venir riesumato dopo le elezioni americane e quelle tedesche. Se davvero morirà, a rimpiangerlo saranno in pochi: le multinazionali e il ministro dello Sviluppo economico italiano, Carlo Calenda. Oltre al codazzo di piccoli imprenditori che, come d’abitudine, non hanno capito nulla ma si erano allineati ai diktat dei Marchionne di turno. In realtà il Ttip, ossia il trattato per il libero commercio tra Unione Europea e Stati Uniti (più satelliti vari), avrebbe provocato disastri proprio alle piccole e medie imprese industriali. E avrebbe distrutto l’agricoltura europea.
I sostenitori del trattato, sul versante europeo, magnificavano le prospettive di incremento dei commerci tra le due sponde dell’Atlantico. Fingendo di ignorare che gli ostacoli attuali all’export italiano verso gli USA non derivano da regole e dazi, ma dalle dimensioni delle nostre aziende. Esportare significa sostenere dei costi ed il 70% delle imprese italiane non vende all’estero. Neppure nei Paesi confinanti. In compenso il Ttip, modellato secondo le volontà americane, avrebbe comportato l’obbligo europeo di accogliere i cibi americani a base di Ogm ed ormoni, verdure ai pesticidi. Con la possibilità per le multinazionali statunitensi di denunciare i Paesi europei che avessero voluto opporsi al cibo spazzatura, ai prodotti industriali fatti realizzare dalle multinazionali USA nei Paesi dove è permesso lo sfruttamento della manodopera infantile. Ed il tribunale che avrebbe affrontato queste controversie sarebbe ovviamente stato americano. Il Ttip, in pratica, avrebbe favorito ulteriori delocalizzazioni produttive in nome del libero scambio. Anche perché gli USA hanno firmato un trattato simile con i Paesi dell’area del Pacifico. Dunque avrebbero potuto imporre in Europa le produzioni asiatiche a basso costo, spazzando via la concorrenza europea. In cambio di cosa? Della possibilità, per i grandi gruppi industriali europei, di avere i medesimi standard produttivi per i mercati sulle due sponde dell’Atlantico. In pratica un risparmio per i soci dei grandi gruppi, pagato con peggiori condizioni per tutti i cittadini europei. Senza dimenticare che, anche senza Ttip, le esportazioni europee verso gli USA sono aumentate, a partire da quelle italiane. E senza rinunciare alla sicurezza alimentare.