Che si viva in tempi malati e turpi non è una novità. O meglio, non lo è per chi dispone ancora di occhi per vedere, orecchie per ascoltare e olfatto per avvertire l’insopportabile tanfo di putrefazione e deodorante per ambienti alle presunte fragranze alpine di cui la nostra sciagurata epoca puzza da capo a piedi.
Tranquilli, l’occupazione su larga scala non-momentaneamente-violenta d’Europa da parte di praticamente ogni etnia non europea; la sistematica demolizione di ogni singolo istituto di civiltà da parte di una pletora di sedicenti “diritti” umani che concedono ai propri credenti (perché la dimensione religiosa è evidente nell’incontestabilità dei dogmi che li sottendono) di bearsi mentre osservano nell’Altro il riflesso di sé stessi; ecco tutto questo non è che l’Ouverture.
Un moderno narciso vestito di latex fucsia che strilla con voce di donna isterica insulti a omofobi, xenofobi e a tutti i –fobi possibili mentre si muove (chiaramente in bicicletta, è sostenibile) verso il macello dove amichevolmente e consensualmente venire abbattuto, non prima però d’aver speso l’ultimo desiderio per assicurarsi che al proprio cane e ai suoi accounts sui social networks venga garantito un trattamento adeguato al loro status di unico retaggio di un’esistenza.
Più o meno me lo immagino così, il Futuro.
Si dirà “è chiaramente la visione del mondo di qualcuno con dei seri problemi”, “ ’sticazzi, finché c’è JustEat che mi porta da mangiare a casa, nessun problema è realmente un problema”; quasi certamente è veritiero, malgrado ciò v’invito a essere consci della direzione del vento per decidere se lasciare scritto a chi verrà (forse) che non tutti eravamo coglioni o per preparare la tutina di latex, trovarsi un cane dall’alito quasi decente, riparare la bicicletta e vivere in relativa inerzia e serenità i tempi che verranno.
Tranquilli, questa scelta dovrete farla molto prima di quanto immaginiate; pur non amando atteggiarmi a Cassandra degli sfigati credo non oltre 20-25 anni a partire da oggi.
Perché? Perché sì.
Se volete un esempio infinitesimale dell’incedere svelto di questo processo verso il Delirio Assoluto ecco qui un team di ricercatori italiani (Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con l’Università di Urbino e l’Ospedale Niguarda) che afferma che “l’empatia e la capacità di condividere il dolore non sono indipendenti dal fattore razziale. Oggi è possibile descrivere due forze contrastanti: una reazione non controllata, favorevole alle persone che istintivamente consideriamo membri del nostro gruppo sociale, e una reazione successiva che contrasta con questo pregiudizio istintivo. La seconda è quella che genera una risposta politicamente corretta e comporta un maggiore impegno in termini di attività cerebrale e di tempo di elaborazione.”
Vale a dire che tendiamo spontaneamente a solidarizzare e proviamo naturale empatia per gl’individui che consideriamo a noi più affini e soprattutto che fingiamo di provare i medesimi stati verso chi in cuor nostro non sentiamo come affine. Che le “risposte politicamente corrette” sono costruzioni, finzioni.
Fino a qui, l’unico argomento di discussione potrebbe vertere sulla necessità di spendere risorse umane e materiali per dimostrare qualcosa che anche l’uomo della strada sa essere vere.
Il problema, il vero problema sta nelle conclusioni del comunicato stampa relativo allo studio “La sfida è quella di rendere più istintive, con un’educazione continua, le risposte “politicamente corrette”, impresa certamente non facile in tempi di forti tensioni come quelli attuali”.
SBAM.
Il lavaggio del cervello definisce comunemente una ipotetica forma di plagio psicologico della quale viene accusato un soggetto quando metta in atto metodi di persuasione che possano influenzare o modificare il libero arbitrio di una persona, in modo da portarla a prendere decisioni altrimenti aliene alla propria volontà. Wikipedia
La brutta notizia è che finirà proprio così.
Quindi sbrigatevi ed iniziate a pensare politically correct, prima che la discriminazione verso chi non prova gli stessi sentimenti verso tutti diventi progressivamente un preoccupazione con la quale fare quotidianamente i conti.